9.5.09

Una Luna Piena di Maggio

La luna, tonda, arancione ed enorme e' nel cielo, e la possono vedere tutti. Ma ascolta solo me. E voglio raccontarle una storia. La luna mi ascoltera' paziente, ma non commentera' i miei dolci tormenti. Mi rispondera' col suo sguardo muto. Sei bellissima, luna.

13.4.09

Il mio romanzo: come lo faccio



-->In effetti sono stato un po’ occupato ultimamente…
Il lavoro in primis, che effettivamente mi prende abbastanza tempo durante la mia giornata, ed in più un “principio” di disaffezione al Blog. Può succedere.
In ogni caso, per tutto questo inverno ed inizio di primavera, nessun evento particolare da commentare.
Ultimamente qualcosa invece è avvenuto.
Innanzitutto apro e chiudo subito un argomento che è stato portato alla mia attenzione proprio questa settimana. Più di un lettore del mio romanzo mi sta scrivendo delle “incredibili” analogie tra il mio romanzo e il disastro del terremoto in Abruzzo di una settimana fa.
La descrizione che ho dato dei luoghi di un disastro in ambito urbano, delle tecniche dei Vigili del Fuoco, di come si muovono i giornalisti a livello di inquadrature, tecnologie e frasi che dicono ai microfoni, come conducono le interviste ai sopravvissuti, e soprattutto come la scorta del Presidente del Consiglio si muove, ripresa dalle telecamere, nei luoghi colpiti dal disastro. La persona che se ne esce dicendo che aveva previsto tutto... etc..etc…
Tenendo conto che il mio romanzo fa avvenire un disastro, non di origine naturale, nelle Marche, e non in Abruzzo, per tutto il resto, ammetto, che sono rimasto “relativamente colpito”.
Ai lettori posso solo dire: mi sono limitato a descrivere un’Italia che conosco bene da questo punto di vista “tecnico”, ovvero macchina governativa dei soccorsi e media. Idem per la scorta del Presidente del Consiglio. Non è un caso se si sono mossi esattamente come l’ho descritto nel mio racconto che ho scritto quattro anni fa.
Resta il fatto che il mio è solo un romanzo e tale deve restare. Finite le analogie, resta solo il dramma di l’Aquila e zone limitrofe.

E’ Pasqua.
E allora?
Si mangia diverso, si sta a casa un giorno in più dagli eventi lavorativi, ma temo di essere assolutamente circondato da una società che ben se ne guarda di trovarci ancora il benché minimo richiamo religioso a questa ricorrenza.
Nel mio caso specifico approfitterò questi giorni per fare pesantemente ordine in casa (il motivo c’è, ma lo rivelerò più avanti ;-) ) e per continuare a scrivere il nuovo romanzo che, da un paio di mesi, ha subito una battuta d’arresto totale. Non è sindrome da “pagina bianca”, anzi, come al solito, il mio problema è non sfornare prodotti da 600 pagine, ma piuttosto direi un continuo pianificare in schemi la narrazione, e poi non cominciare a scrivere i riempitivi tra un evento e l’altro del romanzo.
Però, per “tranquillizzare” chi mi sta richiedendo il seguito al primo romanzo, pubblico questa mia immagine che mi ritrae nella mia più assoluta tranquillità creativa casalinga. A dire il vero la maggior parte del primo romanzo è stato scritto con un notebook e non nelle mie mura domestiche, ma quello ch vedete è il mio studio dove riassemblo i vari pezzi del romanzo che ho scritto da notebook e palmari, e poi unisco nei vari file.

Mi hanno chiesto come si fa a scrivere un romanzo, in tanti. Tutta gente che vorrebbe sottopormi loro manoscritti da valutare.
Una volta per tutte: io non sono un editore. Ma, esattamente come gli editori, ho pochissimo tempo libero per leggere il materiali di altri, e soprattutto le mie valutazioni potrebbero essere molto falsate dall’umore del momento…
Faccio fatica a trovare il tempo di sviluppare i miei scritti, figuriamoci a leggere quelli degli altri! Però, anche questo mio piccolo campione statistico di romanzieri in erba conferma la mia teroia: siamo un popolo di scrittori, è inutile negarlo. Che poi gli editori di casa nostra sembrano essere ciechi, sordi e un po’ “conservatori”, è un altro paio di maniche… ;-)

Torniamo alla domanda principale. Come si scrive un romanzo.
Partirei dicendo, non come faccio io… Ma proseguiamo lo stesso con la risposta.
Innanzitutto bisogna avere del tempo.
Prima banalità, ma la gente sottovaluta la questione.
Quando si è nel “ritmo creativo”, scrivere tutti i giorni è controproducente, ma scrivere una volta alla settimana è poco.
Quando io ho sviluppato il romanzo, avevo un ritmo di 3 volte alla settimana, e il momento in cui avevo la maggiore resa di “volume di scrittura” era la domenica mattina.
Sinceramente credo poco a chi scrive di notte, o a chi produce un romanzo in meno di una settimana. Mi sembra che Umberto Eco, una volta disse che il “Nome della Rosa” lo avesse scritto in pochissime notti. Beato lui.
Quindi, “disciplinare” il tempo che si dedica allo sviluppo del romanzo. Ma prima di scriverlo, c’è una fase precedente, fondamentale, che è la pianificazione del romanzo.
Ho detto sopra che credo poco a chi scrive in pochissimo tempo un romanzo, e credo ancora meno a chi dice che lo scrive “di getto”.
Un romanzo, se vogliamo che abbia una trama leggermente più complessa ed intelligente di una puntata di un serial televisivo poliziesco Made in Italy, deve essere pianificato.
Qui i metodi sono tanti come anche gli strumenti.
Tutto va bene, purché aiuti il vostro cervello a sviluppare una visione globale, ma allo stesso tempo dettagliata della trama.
C’è chi fa degli schemi su carta, tipo “flow chart”, e c’è chi compila una lista numerata che rappresentano gli eventi della storia in ordine cronologico.
Io preferisco usare un software che mi permette di fissare i punti della trama, di seguire i personaggi della storia, e vari dettagli, senza cadere in idiozie da famosissimi romanzieri anglosassoni, che si fanno sgamare da una lettrice bambina che avevano fatto vivere un personaggio in una scena, mentre costui era morto cento pagine prima.
Quindi, riassumendo: trama principale, personaggi, interazione dei personaggi con la trama.
Fate degli schemi che riassumano questi punti, mettendo giù una linea temporale, che scandisca i vari eventi della storia.
Questa regola va benissimo per qualsiasi categoria di romanzo: dalla storia d’amore più coinvolgente, al mattone storico/politico.
Poi entriamo più nel dettaglio, ovvero dove si concentrano più le domande dei miei lettori.
Come si fa un romanzo techno/thriller?
Ci sono solo tre consigli: documentarsi, documentarsi e ancora documentarsi.
Non potete scrivere una storia che coinvolga tecnologie militari ed argomenti correlati, e poi scrivere idiozie degne da giornalista di provincia.
Il lettore medio appassionato di questi argomenti, è un lettore esigente, e nella maggioranza dei casi, è un individuo che globalmente ne sa più dello scrittore stesso, di certi argomenti.
Ed odia farsi infinocchiare.

Nel mio caso specifico del primo romanzo il mio background, nonché anni di letture di pubblicazioni specifiche anglosassoni e non, mi ha permesso di gestire una mole d’informazioni non indifferente, per amalgamarle nella mia narrazione.
Nel secondo romanzo, inserisco tecnologie e situazioni che si svolgono all’estero, che non ho potuto “toccare con mano”. Ma data la delicatezza di certi argomenti, e l’assoluta volontà di presentare gli eventi in maniera più verosimile e dettagliata possibile, ho impiegato un anno e mezzo a documentarmi tra libri di editori stranieri (selezionati scrupolosamente tra gli autori meno schierati politicamente) e contattando gente il cui anonimato garantito è il minimo richiesto, data la legge italiana su certe attività all’estero.

Ma torniamo a come organizzare la stesura del romanzo in dettaglio. Ripeto: io sto descrivendo il MIO metodo, sviluppato dopo il completamento del mio primo romanzo.
Un romanzo è una storia suddivisa in capitoli.
Ogni capitolo, a seconda dello stile di narrazione, può avere dei cambi di “scena”, o seguire più trame.
Lo schema de seguire è il seguente:
-scrivere la trama in generale di tutto il romanzo, senza entrare troppo nel dettaglio, ma riportando solo i punti cardine della narrazione. Per quanto possa essere una trama complessa, dovete restare entro una pagina.
-Scrivere una scheda per ogni singolo personaggio con i suoi dati anagrafici e descrizione fisica e altri dettagli della sua personalità, background… Non è detto che tutti questi dettagli emergano durante il romanzo, ma scriverlo vi aiuterà a descrivere il personaggio con maggior spessore.
-Suddividere la trama in capitoli, e di ogni capitolo scrivere un riassunto. Il riassunto del capitolo deve rispondere a queste domande: CHI, DOVE, COME, QUANDO.
-Fatevi un file dove scrivere tutte le idee che vi saltano in mente per il romanzo, per fissarle immediatamente. Tenerle in testa scompaiono e basta.

Insisto sullo scrivere tanto le proprie idee, perché lo scrivere è un processo neurologico che ci aiuta a fissare meglio le idee e a chiarirle. Non solo per conservarle.
Esempio pratico: Durante la giornata mi viene in mente un dettaglio per il romanzo. In testa sembra che “giri bene”, poi nel momento in cui lo fisso su file (o su carta per gli amanti delle agendine…) devo organizzare questa idea… Nel processo di stesura dell’idea, che solitamente la scrivo come se dovessi esporla ad un interlocutore immaginario, eventuali “difetti” od “illogicità” emergono immediatamente. Quindi, o l’idea viene corretta in tempo reale, durante la sua stesura, oppure viene scartata.
Finchè vi resta in testa e basta, nel momento in cui la volete “incastrare” nella trama del romanzo, potreste avere dei “problemi”. O dover perdere più tempo per gestirla ed interfacciarla col resto della narrazione.

Questo è il metodo che utilizzo per la stesura dei miei scritti, non è detto che funzioni con tutti gli scrittori.
Però se siete all’inizio dei lavori, provateci. ;-)

4.1.09

"Cosa vuoi fare da grande?"




Bella domanda, eh?

Non è fuori luogo, tenendo conto che oggi è il Primo dell’Anno.

Un sacco di gente fa dei propositi per questo 2009, qualcuno è ancora scioccato dal bilancio del 2008, e qualcuno non avrebbe mai voluto che quest’anno arrivasse, almeno stando agli economisti. E invece siamo qui.Com’è il 2009?Freddo, leggermente nevoso e col cielo coperto. Vi aspettata vate una risposta diversa? Non so come sarà il 2009, e chi pensa solo di tracciarne qualche linea guida, mente, sapendo di mentire.

Io non faccio previsioni.

Sapere sempre cosa si vuol fare…O meglio: avere una vaga idea di cosa si vorrebbe fare. Prendo spunto da questo inizio anno per pensare a quello che avrei voluto fare nella vita.E’ normale, no?Ad un certo punto della vita, solitamente da bambini, si prende una certa coscienza del mondo che ci circonda, e allora scatta la scintilla: “Io da grande vorrei fare il/lo…”Che bello…Ma in quanti riescono a fare quello che davvero desideravano fare da bambini?Se sentiamo qualche personaggio famoso, è OVVIO che nelle interviste affermino che era il loro sogno fin da bambini fare quello che in questo momento gli sta procurando fama, ricchezza e prestigio.Certo, come no.Cosa volevo fare io?Beh, penso come la maggioranza delle persone, di aver cambiato un po’ idea nel corso degli anni.Ma non ho mai voluto fare, per dire, l’astronauta o il calciatore (tipiche risposte dei maschietti alle elementari degli anni ’70).Alle elementari mi ricordavo perfettamente che NON volevo assolutamente pensare a cosa sarei diventato “da grande”. Forse perché già dalla V elementare avevo il sentore che “grande-grande” non lo sarei mai diventato… ;-)Alle medie ho incominciato a riflettere.Erano i primi anni ’80 e si era meno bombardati da stimoli multimediali come oggi. Però io ero già avantissimo: programmatore di videogiochi.Questa era la risposta di copertura alla domanda idiota di rito: “ma che vuoi fare da grande?”.Tenendo conto poi della mia creatività nel disegno, ogni tanto bofonchiavo “vorrei diventare disegnatore di fumetti”. La realtà era ben diversa: diventare chef!

Ebbene si: fornelli, pentole e ingredienti mi hanno sempre segretamente attratto, in una passione che non ho mai potuto ben sfogare se non negli ultimi sette-otto anni.C’è stato un momento, in terza media, nel momento cruciale della scelta della scuola superiore da seguire, in cui una volta dissi molto velocemente a mia madre di questa mia passione (tutta ancora da mettere alla prova), e di voler fare la scuola alberghiera. Dalla sua espressione di sgomento, capii che dovevo fare un istituto tecnico ad indirizzo informatico, e mai più ne feci menzione con nessuno di questa mia passione.

Poi, col passare degli anni, non ho più inseguito dei sogni, ma più che altro delle “opportunità”, che mano a mano si presentavano.Volevo diventare pilota militare (c’è differenza dall’astronauta, no?), e presi il brevetto di volo nel 1991 (il più giovane brevettato di Parma in quel decennio). Feci il mio bel giretto a Pozzuoli lo stesso anno, per partecipare alle selezioni del corso Marte IV, e senza troppi problemi passai tutte le selezioni teoriche e psicoattitudinali, in due giorni di assoluto delirio, che a tutt’oggi direi che con cinque o sei sedute di ipnosi, dovrei essere in grado di ricordare tutto quello che avvenne e fui testimone.L’ultimo giorno venni scartato per la statura. Un centimetro sotto quella richiesta, ma sul foglio di “dismissione”, magnanimamente venne scritto: manifesta miopia occhi sx. Ma ci vedevo benissimo!Due anni dopo, l’occhio sinistro iniziò a diventare leggermente miope, e a oggi porto gli occhiali per correggere una leggere miopia ad entrambi gli occhi. Porca zozza ci avevano preso di brutto!Poi la vita andò avanti, con una pausa in divisa, entrando nel mondo dell’informatica, non diventando programmatore di videogiochi (che nel mentre avevo deciso che programmare mi faceva schifo), ma diventandone un grande fruitore! :-D

Pausa dall’informatica, sono tornato in un ambiente “un po’ particolare”, che poi è quello che mi ha dato le basi per scrivere il mio primo romanzo, e poi di nuovo nell’informatica, con delle incursioni letterarie ogni tanto.

Hmmm… riassunti ventotto anni di vita. Dai, non è stata una cosa lunga, no? ;-)
Sto facendo quello che volevo fare da bambino?
No. Non sono uno chef che conduce un prestigioso ristorante, però ogni tanto cucino (come nella foto per questo Ultimo dell’Anno). Non sono entrato in Accademia, ma ho conosciuto tanta gente in divisa con enormi specializzazioni.Non ho mai pilotato un jet ad alte prestazioni, ma so cosa vuol dire essere sballottati dalle termiche in un monomotore, mentre all’orizzonte il cielo è nero per un temporale, e non sai dove caXXo sei per tornare all’aeroporto di casa (i GPS nel ’90 i civili lo vedevano col binocolo).Non sono diventato un disegnatore di fumetti (potevo impegnarmi di più, lo ammetto), ma lo stesso racconto le mie storie al mio pubblico, con i miei scritti.Poi ho fatto cose che da bambino manco ci pensavo, e poi mi sono ritrovato ad essere relativamente conosciuto in certi ambienti (Arti Marziali del Sud Est Asiatico in primis).Quindi? Ho infranto i miei sogni di fanciullo?Non credo, perché il bambino che è in me, non è mai rimasto deluso dalle scelte che ho fatto nella vita.Poi, parliamoci chiaro, chi vi ha detto che ho veramente deciso definitivamente “cosa fare da grande”? :-)