21.7.08

Una sera di mezz'estate...

La felicità è uno stato della mente?

Si, ne sono convinto. E sono anche convinto che serve poco per raggiungerla, per un pochino di tempo.

Sono da poco passate le dieci, sono sul mio balcone con il mio notebook preferito e un calice di vino rosso fermo, sulla sinistra.

L’aria è fresca: ci saranno temporali nell’aria, i grilli cantano e i vicini del palazzo di fronte hanno quasi tutte le luci del loro appartamento accese, ma non rompono le scatole. Ogni tanto passa un’auto, ma non alla solita velocità pazzesca. Sembra quasi quell’atmosfera di silenzio che si ha nelle zone urbane quando gioca l’Italia. Ma non mi sembra che stasera ci siano partite particolari. Il mio tip-tap sulla tastiera è quasi maleducato, fuori tempo –troppo frenetico- per inserirsi nella sinfonia lenta di questa sera di mezz’estate.

Stasera ho avuto un’ottima cena con Ilaria –ottima nel senso di rilassata e di comunicazione, oltre che di cibo gradevole-, oggi sul lavoro nuovo ho smosso delle belle grane in una grande azienda alimentare della città, e domani ne dovrò affrontare altrettanto: lunedì prossimo iniziano la campagna stagionale dei pomodori, e il sistema informatico DEVE funzionare. Il mio primo romanzo continua a vendere, senza neanche farci della gran pubblicità, e nel mentre ho avuto un’idea per un altro romanzo (oltre quello del post precedente). Voglio le giornate di quarantotto ore. Sono tranquillo, e non è abbastanza il vino che è nel calice per generare tale sensazione. Penso semplicemente di essere nel mezzo di quei cicli dei bioritmi in fase positiva. Non è cambiato niente dalla settimana scorsa, eppure vedo tutto positivo. Migliorabile, sicuramente, ma positivo. Sono in contatto con gente invece, che è nel mezzo di crisi esistenziali e/o lavorative terribili, e decisamente, sarebbe bello poter davvero immagazzinare la positività di una persona, e poterla donare ad un altro. Altro che approccio verbale: beccati ste’ due Duracell de positività!

Non ho pregato. Non seguo più nessuna filosofia orientale da tempo. Non mi sono imposto nulla. Non mi faccio di serotonina. Eppure sono qui che faccio fatica a non sorridere se vedo all’orizzonte lo spettacolo dei lampi di un temporale notturno che si avvicina. Scruto con ingenua curiosità quello che s’intravvede dalle finestre dei miei vicini: parlano? Guardano la tv? Si preparano ad andare a letto? Saranno in uno stato di pseudo-contentezza come me, oppure avranno i maroni girati a manetta?

Non è cambiato nulla, e sono felice, motivato e creativo. Penso di capire cosa intendeva dire Mirò quando diceva che doveva ritirarsi in campagna per dei mesi per poter creare in serenità.

Che dire?

Scrivo ancora una paginetta del romanzo e poi me ne vado a letto. Nella speranza che anche domani sia di benedetto da questo stato della mente.

Alzo il calice a te Lettore di questo Blog, e ti dedico l’ultimo sorso di vino. Ripeto: ci vuole poco per sentirsi accarezzati dalla serenità, basta essere in pace con sé stessi, moderatamente sinceri con gli altri e non intestardirsi con la vita. Lasciate fluire i pensieri, le emozioni, l’Energia (se credete a discipline bioenergetiche). Azz… tra un po’ mi metto a scrivere un decalogo New Age pure io… :-D

Senza però scordarsi di chi attualmente sta peggio di me, e che nelle mie parole, ogni tanto, trova conforto:
CLAUDIA, NON MOLLARE. MAI.
Dormi serena: domani è un giorno tutto da costruire.
Buonanotte.

14.7.08

Ci risiamo...

Altra scintilla tra due neuroni, e nonostante tutto (varie promesse che mi ero fatto), sono sotto a scrivere un nuovo romanzo.
Romanzo... Raccontone lungo.
Mi ero proposto di non finire nella trappola della scrittura finchè non avessi stretto qualcosa con la Casa Editrice con La Giusta Decisione, ma dialogare con i loro vertici d'estate, è alquanto difficoltoso. Vacanze tre mesi all'anno, altro che crisi delle vacanze degli italiani...
Così, come una mezza scommessa con una paersona, mi sono messo sotto a scrivere una commedia romantica.
Si, avete letto bene.
Io penso che un grafomane all'ultimo stadio, come il sottoscritto, debba essere flessibile. Deve essere in grado di scrivere un po' di tutto, con una sua ovvia impronta distintiva... Ma non ho mai visto di buon occhio quegli scrittori (universalmente famosi), incapaci di scrivere qualcosa di diverso da quello che fanno. Certo, a volte hanno dei pesantissimi vincoli contrattuali con la casa Editrice, la quale dice: OK, tu VENDI scrivendo di XYZ. Non provarci nemmeno a sputtanarti a scrivere di YXZ. Nel momento in cui XYZ ha riempito le scatole ai lettori, e non vendi più, forse prendiamo in considerazione l'idea di farti scrivere di YXZ. Al limite con uno pseudonimo.
Così, ispirato "da una storia vera", in questi giorni sto buttando giù, nei ritagli di tempo, i primi capitoli di questa storia.
I miei "beta testers" saranno solo ed esclusivamente donne.
Più precise ed affidabili, di qualsiasi lettore maschio (quest'ultimo, in generale, si fa troppo trascinare dalla storia, senza analizzare bene il contenuto).
Per le prime decine di pagine scritte, direi che ho raccolto consensi, e non va male, per essere la prima volta che mi cimento con questo genere letterario.
Caratterisiche principali: sarà corto, una lettura "stacca cervello" e cercherà di dare uno spaccato di una società giovane odierna.
Si, certo: esattamente come TUTTI i libri che ora popolano gli scaffali delle librerie.
C'è un motivo se certi tipi di letteratura ha successo.
Sono tutti racconti con la stessa matrice, fateci caso.
Il giovane, il suo gruppo, la società, come si sente giudicato, come giudica la realtà che lo circonda.
I suoi amori, le sue sfortune le sue speranze...
Ve ne vengono in mente di titoli, vero?
Anche di successo. Anche tramutati in film.
Ne escono tutti i giorni, anche in questo momento che state leggendo queste righe.
Eppure hanno un mercato.
Perchè?
Perchè ogni autore rappresenta un universo a sè.
Un'estrazione diversa culturale, regionale, anagrafica...
Quindi, nell'immenso tritacarne dell'omologazione narrativa, ecco che abbiamo tanti esempi di diversità apprezzabili.
Anch'io ci provo.
Vedremo che ci verrà fuori. Ma vi confesso una cosa: Mi sento fortunato. ;-)

2.7.08

E' così.

Un classico.
Due post in una volta dopo quasi un mese di silenzio.
Domani grande svolta lavorativa: il primo giorno con un nuovo incarico che mi terrà parecchio occupato durante la giornata e mi porterà a zonzo per tutto il nord italia, seguendo le urla di dolore generate dai Server realizzati da Bill Gates.

Vedremo.

Eccitato? sicuramente. Sei contento? Si. Sei felice? NO.

...E tutto perchè ho impachettato il mio notebook un'ora fa.
A volte sganciare un cavo di rete da una scrivania, significa molto di più che perdere momentaneamente la connesione ad Internet...

...Per cinque minuti


Finalmente!

Come non facevo da tempo!

Una rimpatriata tra amici che non si frequentano da anni, un’escursione di più di un giorno in una delle zone naturalistiche più belle ed isolate d’Italia, e tutto che fila (quasi) liscio!

Non nascondo mai la mia propensione per il trekking, però come tanti amanti di quest’attività, o dell’outdoor in genere, gli impegni quotidiani limitano al massimo le uscite di più giorni.

In questo caso specifico, dalle “nebbie del tempo”, un mio caro amico, che chiameremo per rispetto della privacy “Filippo” ;-), mi contatta per lanciare questa idea:

“Ehi, perché non ci facciamo una bella zainata dal punto X al punto Y? Tre giorni e si fa tutto”.

Il punto X ed il punto Y sono collegati, per la via breve per un sentiero del CAI denominato 00: ovvero un percorso che si snoda sul crinale del gruppo dell’Appenino Tosco-Emiliano. Lo si può ammirare, questo maestoso gruppo montagnoso, dall’autostrada A12 quando si è sul tratto tra Massa e Viareggio.

Fare un’escursione in estate, con le temperature che ci sono adesso, con zaino affardellato per la notte, stando su un crinale e basta, significa, come si dice in gergo “leccare il sole”. Sui crinali non ci sono zone d’ombra. E il consumo d’acqua è elevato per forza di cose. La prima obiezione che ho sollevato è stata: “quanta roba ci può sta dentro gli zaini, oltre l’acqua?”.

Ma Filippo non è persona che si perde d’animo. Ho sempre ammirato le persone ottimiste: spesso lo prendono in quel posto, ma sempre con un sorriso, o sdrammatizzando… come li invidio!

“Frank, non ti preoccupare, 5 litri d’acqua e ce la caviamo”. Vedo già gli occhi strabuzzanti di chi ha gia fatto certe cose a leggere queste righe. ;-)

Purtroppo (o per fortuna) per motivi di lavoro non posso essere del gruppo per i tre giorni (venerdi, sabato e domenica), quindi mi metto d’accordo per un rendez-vous.

Il gruppo, quasi me lo scordavo… Oltre a Filippo, abbiamo altri suoi due amici: Il Cocco ed il Peo. Per gli amici che leggono questo Blog e che abitano al di sotto Bologna ed oltre: certi nomignoli in Emilia sono comunissimi, e la loro etimologia è spesso contorta da spiegare per chi non è del posto. Sostanzialmente si tratta di storpiazioni del cognome con regole fonetiche particolari.

Il Cocco è un 29enne dai tratti somatici da Norvegese doc, mentre il Peo è un 23enne alla sua prima uscita “seria”. Io e Filippo saremmo stati gli “anziani” del gruppo, dato che siamo coetanei.

Ci si mette d’accordo telefonicamente dove al mattino del secondo giorno d’escursione dovrei incontrarli: un po’ meno che a metà strada. La copertura GSM della zona non è garantita, quindi non avendo al sicurezza di potermi chiamare ci si mette d’accordo che chi primo arriva aspetta l’altro. E’ mercoledì.

Il venerdi, dopo una trafficata giornata di lavoro, mi squilla il telefono alle 18.30. E’ Filippo: ha trovato una zona coperta dal segnale.

“Frank…ciao. Qui è bellissimo. Giornata stupenda, un sole magnifico, visibilità ottima. Stiamo tutti bene e… abbiamo finito l’acqua”. Cinque litri in un giorno in quelle condizioni, sono più verosimili che cinque litri per tre giorni… Così il rendez-vous cambia del mattino successivo, e loro scendono per andare a fare acqua in un rifugio attrezzato. Meglio per me, mi accorcia la camminata per raggiungerli.

Lo zaino lo aveva già preparato e pesato da due giorni (manie che possono comprendere solo chi fa un certo tipo di trekking). Il peso che ho raggiunto distrugge la regola aurea “del terzo”. In generale si dice che per una persona che ha una vita sportiva attiva, ma senza un allenamento specifico per la montagna (che è una scienza sé), non dovrebbe trasportare uno zaino che supera da 1/3 il suo peso corporeo. Il rischio è di un affaticamento precoce.

“Ma cosa vuoi che sia per in pratica neanche due giorni…” Una frase che avrei pagato caro…

Arriva sabato mattina, e bello carico (in tutti i sensi) parto per raggiungere il gruppo. Per evitare figure del cavolo con l’acqua mi zavorro con otto litri d’acqua. Mi aspettano quarantacinque minuti di percorso con un dislivello di neanche duecento metri da fare. Dopo i primi venti minuti di marcia la regola del 1/3 si materializza e mi tamburella su una spalla e guarda un cronometro: sta solo aspettando che scoppi. Arrivo al punto d’incontro ed incontro i ragazzi che, vuoi per il fatto che hanno appena mangiato e bevuto, oppure per puro orgoglio maschile, sono freschi come delle rose. Via! Si riparte per raggiungere il crinale. Arrivati in quota, abbastanza bene, la struttura geometrica del mio zaino mi fa capire quando idiota sia chi lo ha progettato ed io a sceglierlo per questa attività specifica.

Il mio zaino, di una nota americana conosciutissima dagli operatori di Forze Speciali occidentali, è un gioiello di design. Tre scomparti che si aprono offrendo sub-scomparti interni pre-sagomati per radio, torce elettriche tattiche, biro, retine interne con zip porta oggetti di piccole dimensioni, cinghie interne per comprimere eventuali capi di vestiario, ed immancabile vescica da tre litri con tubo per la bocca sullo spallaccio, che è il marchio di fabbrica di questo zaino. Sostanzialmente non ci sta dentro un ca$$0. I separatori interni sono un intralcio per piazzare dentro oggetti che non abbiano una morfologie e standard militare. Inoltre, grandissimo difetto, lo zaino si espande in profondità, e non in verticale, allontanando il baricentro dello zaino da quello della persona che lo indossa. Se poi aggiungiamo il fatto che ho applicato esternamente allo zaino delle borracce per l’acqua, dato che dentro ai vani non ci stavano, avevo creato un efficiente cilicio tecnologico e costosissimo per la mia schiena durante la camminata. Fino alla precedente uscita avevo sempre usato con soddisfazione un verdastro zaino ALICE americano epoca vietnam, che è in sostanza un saccone, con tanti sacchetti cuciti sopra e un telaio d’alluminio esterno rigido. 90,00 € e ti porti dietro la casa, come vuoi tu, e senza menate di scomparti. No! Io volevo fare il figo. Volevo testare questo zainone nero (bleaahhh il verde oliva…) che mi era arrivato dall’America quasi un anno prima, e non aveva mai visto più di quattro ore di camminata… Filippo ed il Peo avevano l’ALICE…

Inutile raccontarvi il resto dell’escursione, assolutamente che rifarei (con un altro zaino). Si, ho faticato molto, ho pagato totalmente sulle mie gambe la forza ed il peso dello zaino, ma ci sono arrivato in fondo. E, bestemmie a parte, dolori sordi ai muscoli, piaghe alle piane dei piedi, sete senza fine, zanzare maledette… Quando ci si “sveglia” all’alba e si esce da una tenda bagnata dall’umidità della notte, in mezzo al “nulla” di un’anonima vallata appena sotto il crinale… Tutto è ripagato. Rocce, cespugli appiattiti dal vento, un cielo azzurro perfetto, silenzio assoluto e il sole che sorge da un tappeto soffice di nuvole che nascondono la vallata. Dove forse potresti vederci delle strade, delle case piccolissime. Invece no. Ti vengono nascosti i segni dell’uomo, e ti rendi conto che sei in un posto che per qualche secolo è rimasto intatto. Puoi essere in qualsiasi epoca, e tu sei lì. La punta del monte che si colora d’arancione mentre il sole continua a salire e tu sei nel cono d’ombra fresco, ma non freddissimo, della valle. Riesci ad apprezzare tutto questo, anche se non hai chiuso occhio per tutta la notte causa collega di tenda che russa come un M1 A2 Abrams. Riesci apprezzare tutto questo anche se saluti Filippo con una bestemmia di prima mattina. Sono ricordi che affiorano quando sei a casa. Che ti investono la mente mentre li descrivi per gli altri, ad esempio. Come sto facendo io ora. E quindi ci si scorda che alle sei del mattino, in quella valle, le zanzare già ti saltano addosso per bucarti i vestiti, che devi fare una colazione asciutta al volo, e che devi riprendere lo zaino in spalla, e sai che ciò ti procurerà dei dolori allucinanti in tutto il corpo. Però si fa.

E si pensa sempre a quando sarà la prossima volta.

Perché io voglio essere egoista: voglio godermi in santa solitudine mentale quel panorama con le nubi nella valle.

Voglio esserci solo io, e pensarmi lontano da tutto.

Per cinque minuti.

Il Cocco ed il Peo. Il Peo ha questo senso dell'uniforme Vintage. Una bella uniforme US Army diretamente dalla fine degli anni '60...

Questa foto non rende giustizia al drammatico zaino che avevo sulle spalle...

Filippo. I puntini sono delle zanzare da alta quota. Il surriscaldamento globale porta anche queste cose. Almeno così dice Al Gore...
Non so.. a volte la gente in foto viene fuori davvero male...

Un sentiero battuto... come no...


Il Cocco che ride! Cosa rara... Forse perchè sono le sei del amttino e BISOGNA rimettersi in marcia?

Si, ne è valsa la pena... E qusta foto (come tutte le foto di paesaggi) non rende assolutamente l'idea...