16.2.08

Armi da fuoco e dintorni







Sostanzialmente non ho nulla che posso classificare come "hobby" (parola che, personalmente, trovo odiosa).
Quando non lavoro, o dormo oppure ho altre attività.
Sicuramente l'allenamento fisico è preponderante rispetto alle altre attività non lavorative.
Per allenamento intendo un regime di fitness molto personalizzato che mi sono creato negli anni, e allenamento nelle Arti Marziali (decisamente diminuito, però, rispetto a solo cinque o sei anni fa).

Poi c'è l'attività "stagionale" con le armi da fuoco.
Ho frequentato poligoni UITS, ma in quelle strutture, a parte la "roulette russa" che può capitare se il nostro vicino di piazzola è un rincretinito pieno di sè indisciplinato autodidatta, non s'impara il tiro "reale". Chi fa queste cose per mestiere sa di cosa parlo.
Un conto è imparare a fare "centro", un conto è saper maneggiare un'arma in un contesto dinamico e dove si sta simulando una pessima situazione di difesa.
Sicuramente queto mio post farà esplodere il risentimento di qualche frequentatore assiduo di poligoni UITS, ma non è mia intenzione offendere dei seri tesserati che coltivano uno sport.
Dico semplicemente che preferisco praticare cose diverse, in un ambiente diverso.
Innanzitutto il mio atteggiamento nei confronti delle armi da fuoco non è definibile come "passione" (parola da esaminare attenatemente quando è affiancata alle armi... ;-) ), ma bensì come un misto di curiosità e Rispetto assoluto.

Non è spassoso sparare con un'arma da fuoco.
Se cerchiamo di capire cosa ci possiamo fare e di farlo al meglio, è esattamente (quasi) il contrario.
Il margine per errori e distrazioni è minimo.
A questa frase immagino già della gente sbadigliare, oppure esprimere sufficienza.
...E ogni anno gli ospedali si riempiono di "esperti di maneggio di armi da fuoco".

Non è lo scopo di questo Blog dire quale esperienza ho in merito (di testimonianze di comportamenti errati in poligono di tiro, per intenderci), ma basta che facciate qualche ricerca per capire che attività saltuaria stagionale faccio. ;-)
Possiedo due Glock (in calibro diverso) e una carabina FEG.
Così, appena mi è possibile,e con la bella stagione, ci si allena a colpire dinamicamente bersagli antropomorfi, e a testare le basi del tiro (che per quanto c'è gente che vuole campare dicendo il contrario) sono sempre le solite da almeno novant'anni.
Poi, si crea qualche "situazione", e la si elabora e testa dinamicamente, senza scadere in esercizi "prendi la papera al volo" cronometrati.
Utilità di queste attività?
Rispondo con una domanda: utilità di andare in palestra a menare un sacco, o cacciare urli mentre si "picchia" una persona cooperativa che conosciamo, vestiti con un pigiama bianco? ;-)
Imparere a difendersi? Imparare un'Arte Marziale?
Certo. E per me imparare ad usare le armi da fuoco è apprendere l'Arte Marziale definitiva.
Per l'immaginario collettivo la tecnologia nelle Arti Marziali si ferma, forse, all'arco e frecce (neanche la balestra). La spada (immancabilmente una di design giapponese magari) è l'unica Arma il cui apprendimento all'uso è considerata Arte Marziale.
Siamo in pochi ad affermare che bisogna "pensare" l'addestramento all'uso delle armi da fuoco come Arte Marziale completa e degna come tutte le altre Arti esistenti.
Cos'è un'Arte Marziale? Disciplina, allenamento costante ed intenso, sforzi intesi a raggiungere un miglioramento della tecnica, con una crescita dell'abilità personale e una concreta consapevolezza delle proprie capacità. Vi posso assicurare che sono caratteristiche che si possono sviluppare anche allenandosi con le armi da fuoco.
In compenso c'è strapieno di possessori di armi da fuoco ("per difesa abitativa"), assolutamente autodidatti, che ogni tanto colorano la cronaca con qualche incidente.
Possedere un'arma da fuoco permette ad una persona fisicamente debole di ammazzare una o più persone, senza troppe difficoltà. Questa capacità dev'essere disciplinata, assolutamente.
Potrà anche sembrarvi strano, ma io sono assolutamente contrario alla vendita (quasi) indiscriminata di armi che c'è in Italia, e sono il primo a dire che la legislazione in merito, è volutamente "grigia", per permettere di mantenere vivo il mercato della gente che si compra la pistola "da tenere in casa, che non si sa mai".
Io sono per un'assoluta responsabilizzazione degli utenti di armi da fuoco. Con esami (SERI), con corsi di maneggio (SERI) e con richiami periodici.
Ti fanno prendere la patente dell'auto con un esame, ma se non si hanno condanne particolari (per ottenere il famoso nulla osta all'acquisto), basta andare in armeria per comprare una pistola, per tenerla in casa. E poi ci si lamenta che ci sono troppe armi in giro e che ogni tanto ci scappa il morto. E non mi riferisco alla cronaca (con cadenza biennale in Italia, fateci caso) di gente che da fuori di matto, si barrica in casa, ed inizia a fare il tiro al piccione dal balcone di casa. Parlo di centinaia di piccoli (o grandi) incidenti domestici (la cui quasi totalità non raggiunge la cronaca nazionale) in cui il cretino di turno si spara addosso (o ferisce qualcuno) in casa propria perchè manco si ricorda se la sua pistola è in sicura o meno. Gente con queste capacità di gestione dell'arma, nel malaugurato caso che debba davvero affrontare una situazione d'emergenza in casa sua, come cavolo si comporterebbe? A voi la risposta.
Un piccolo grande appello ai possessori di armi da fuoco "per difesa abitativa": Imparate seriamente ad usarle, o vendetele oggi stesso. Per seriamente non intendo l'andare due volte al mese al poligono UITS a bucare un foglietto a 25 metri da fermi. In casa vostra le distanze sono al massimo sette metri, e l'eventuale bersaglio da neutralizzare non sta fermo...
Se non imparate a gestire l'arma (o le armi) che avete in casa, state solo rimandando un terribile incidente casalingo. Si, porto sfiga.

Per tutti coloro che praticano la nobile Arte del Tiro a Segno con dedizione e disciplina: questo post non è rivolto a Voi. Buona attività.

12.2.08

Tic... Tac... Tic... Tac...

Penso che sia la sindrome di ogni scrittore esordiente (e non...).
I tempi di risposta delle Case Editrici.
Fin troppi Blog (italiani e stranieri) sono intasati di storie di scrittori che trepidano per l'attesa di una risposta di una Casa Editrice.
Mandano via 14.000 copie del loro manoscritto, anche alla casa editrice più sconosciuta dello Stivale Italico, e poi girano una clessidra. E guardano la sabbia scorrere, sospirando.
Io ho avuto un approccio ben differente.
Il mio romanzo ha argomenti fortemente politicizzati e individuano con precisione un segmento (piuttosto ampio) di lettori.
Solo quattro Case Editrici italiane avrebbero "il fegato" di pubblicarlo, e solo a queste mi sono rivolto (in due casi ho solo mandato delle email informative a Case Editrici minori, ricevendo risposte che dire che sono incoerenti è fargli un complimento :-D ).
Di queste quattro tre hanno risposto. Una positivamente, e sta valutando il romanzo nel suo insieme totale.
Nel mentre, "lavoro" di P.O.D.
Fortunato?
Certo.
Ho bussato subito alle porte giuste?
Penso di si.
Sono lenti a rispondere?
Assolutamente.
Ho visto che i tempi di reazione di una Casa Editrice si attestano sui sei mesi circa.
Per forza: anche insospettabili "realtà importanti" editoriali sono uffici in cui lavorano tre o quattro giorni alla settimana, e solo di pomeriggio.
E sono sommersi di manoscritti da valutare tutte le settimane.
Che bello lavorare nell'editoria tradizionale!
(Le centinaia di collaboratori a progetto precari coinvolti queste realtà in qualità di traduttori, consulenti, editor di bozze non sono propriamente di questo avviso...).
E così, dopo che mi hanno richiesto (si, mi hanno contattato loro) "un po' di tempo fa" tutto il romanzo completo, sto aspettando una risposta.
Come attendo?
Con curiosità.
Giusto per sapere come un Editore mi giudica un lavoro che dal pubblico, fino ad adesso, ha avuto commenti positivi ed incoraggianti.
Il punto di vista di un operatore professionale del settore non può che giovare per migliorare il mio prodotto.
La valutazione di un'impresa (perchè una Casa Editrice è a pieno titolo l'esempio di un'azienda lucrativa, altro che certe "immagini" che vogliono offrire di loro stesse...) che è sempre a caccia delle "milking cows" (vacche da mungere) editoriali.
Se da un libro non ci puoi "produrre del latte" (poco o tanto che sia), non ha senso scommeterci sopra. Con buona pace degli scrittori emergenti, sempre convinti che hanno prodotto il best seller dell'anno.
Però la cosa curiosa è che, per certi Editori, un libro su cui non vale la pena scommettere (non ci viene fuori del latte ;-) ), per un'altra Casa Editrice invece, di latte ce ne può essere.
Eclatante il caso di "Diario" di A. Frank.
Il padre lo propose a numerosissime Case Editrici, e venne sempre rifiutato. In un caso venne definito come "un scialbo ritratto delle beghe familiari descritte da un'adolescente annoiata".
Sappiamo tutti in quante copie e lingue è stato venduto e tradotto.
Più vicino a noi nel tempo (e argomenti ben diversi...), ma sempre grande successo di mercato, è il buon M0ccia. Che per dieci anni tutti gli "schifano" il romanzo. Poi appena qualcuno dice che gira tra le adolescenti la fotocopia (ah, si? Questi geniali "spin doctors"...) , tutti gli editori a fare a botte a pubblicarglielo. E poi ci fa il film, e poi ci fa il romanzo su come ha realizzato il film. Che gallo...
Mungere, mungere e mungere l'idea, finchè non c'è più una goccia... Geniale atteggiamento editoriale per diversificare ed arricchire culturalmente il mercato italiano.
Quindi, in una situazione di totalmente aleatoria, dove il giudizio di un editor esterno alla Casa Editrice (a cui affibbiano N manoscritti da valutare), un mattino si sveglia male, e stronca il manoscritto che sta leggendo, la carriera di uno scrittore emergente viene abbattuta sul nascere.
Non ha senso restare in ansia.
Si attende con con "curiosità".
Penso che questo sia l'atteggiamento migliore.
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9.2.08

Bloggare o non Bloggare?

Sono un pessimo blogger.
Ne sono perfettamente conscio.
Fino a prova contraria, in molti dicono che un blog può definirsi tale, almeno ai tempi attuali, se ci sono almeno cinque post alla settimana.
A parte la cronica mancanza di tempo durante la veglia, sinceramente, al momento, non mi sento spronato a scrivere della mia quotidianità su questo blog.
Mi hanno anche detto che se non si scrive di sé stessi, il blog perde d’interesse da parte dei visitatori, in quanto questi sono interessati allo sviluppo psicologico del blogger.
In effetti certi blog che ho visto in internet sono interessanti esercitazioni per psicologi in erba.
Non è una critica, oppure un modo di voler denigrare queste persone, Interne tè libera, tutti ci possono scrivere e parlare di quello che vogliono (anche se politici italiani di grande miopia intellettuale e interessati solo a far tacere i loro avversari politici vorrebbero chiudere Internet) e mi piace che sia così.
Nel bene e nel male.
Ma in ogni caso non mi sento ancora pronto per scrivere su un blog pubblico quello che penso della politica, dei fatti che avvengono all’estero, delle cose che non vanno in Italia e nel mondo. Ovviamente ho un mio punto di vista ben preciso su questi argomenti.
Semplicemente me le tengo per me, per ora.

Quindi torniamo a parlare del romanzo :-D
Continuo a ricevere feedback sui lettori che stanno finendo il romanzo o che lo hanno appena finito. Sono tante le cose che mi rendono davvero felice di ciò, che riassumo nei seguenti punti:
  • Chi lo legge mi contatta per darmi il suo giudizio, con un rateo del 90%. Quindi, sulle copie lette, ho un buon ritorno di comenti. Invito quel 10% che non mi ha ancora contattato a farlo, anche (e sopratutto) se il romanzo è stata una delusione da leggere
  • I commenti sono tutti positivi :-)
  • I commenti sono stati fatti (anche) da gente che non ho mai conosciuto in vita mia, quindi non influenzabile dal fatto che c'è il rischio di "rimanerci male" se esprimono giudizi troppo pesanti
  • Mi sono stati fatti commenti per strutturati e ben specifici su alcuni punti. A dimostrazione che hanno letto attentamente. :-)
  • Le caratteristiche esposte da tutti i lettori sono: letto il romanzo abbastanza alla svelta (nonostante il font piccolo e l'impaginazione un po' monolitica), tutti si sono affezionati al protagonista e il finale lascia tutti "stupiti". :-D

fa anche piacere sapere che i commenti positivi provenivano, soprattuto, da lettori/lettrici che per la prima volta si avvicinano all'argomento "techno-thriller".

Tutto rose & fiori quindi?

No. In tutto questo ci sono cose di cui non sono felicissimo. Ovviamente ringrazio di cuore tutti coloro che mi hanno fatto commenti fino ad adesso su quanto hanno letto, però effettivamente, nel mio ipercriticismo congenito, non ho ancora trovato qualcuno che mi abbia segnalato problemi di continuity nella narrazione, critche sui background dei personaggi (odio la definizione "personaggio di cartapesta", ma mi piacerebbe sapere se i miei sono percepiti come tali ;-) ), sulle descrizioni tecniche esposte nel romanzo.
Nessun autore degno di questo nome si preoccupa troppo delle critiche che possono fare ad una sua opera.
Almeno così dice la "scuola anglosassone" di scrittura creativa.
Poi se su Amazon qualcuno "si permette" di dire che non gli è piaciuto il romanzo X dell'Autore Y, quest'ultimo fa scatenare una campagna militare editoriale di ritorsione. Vedi Patricia Cornwell

...Gli anglosassoni sono dei coglioni.