Finalmente!
Come non facevo da tempo!
Una rimpatriata tra amici che non si frequentano da anni, un’escursione di più di un giorno in una delle zone naturalistiche più belle ed isolate d’Italia, e tutto che fila (quasi) liscio!
Non nascondo mai la mia propensione per il trekking, però come tanti amanti di quest’attività, o dell’outdoor in genere, gli impegni quotidiani limitano al massimo le uscite di più giorni.
In questo caso specifico, dalle “nebbie del tempo”, un mio caro amico, che chiameremo per rispetto della privacy “Filippo” ;-), mi contatta per lanciare questa idea:
“Ehi, perché non ci facciamo una bella zainata dal punto X al punto Y? Tre giorni e si fa tutto”.
Il punto X ed il punto Y sono collegati, per la via breve per un sentiero del CAI denominato 00: ovvero un percorso che si snoda sul crinale del gruppo dell’Appenino Tosco-Emiliano. Lo si può ammirare, questo maestoso gruppo montagnoso, dall’autostrada A12 quando si è sul tratto tra Massa e Viareggio.
Fare un’escursione in estate, con le temperature che ci sono adesso, con zaino affardellato per la notte, stando su un crinale e basta, significa, come si dice in gergo “leccare il sole”. Sui crinali non ci sono zone d’ombra. E il consumo d’acqua è elevato per forza di cose. La prima obiezione che ho sollevato è stata: “quanta roba ci può sta dentro gli zaini, oltre l’acqua?”.
Ma Filippo non è persona che si perde d’animo. Ho sempre ammirato le persone ottimiste: spesso lo prendono in quel posto, ma sempre con un sorriso, o sdrammatizzando… come li invidio!
“Frank, non ti preoccupare, 5 litri d’acqua e ce la caviamo”. Vedo già gli occhi strabuzzanti di chi ha gia fatto certe cose a leggere queste righe. ;-)
Purtroppo (o per fortuna) per motivi di lavoro non posso essere del gruppo per i tre giorni (venerdi, sabato e domenica), quindi mi metto d’accordo per un rendez-vous.
Il gruppo, quasi me lo scordavo… Oltre a Filippo, abbiamo altri suoi due amici: Il Cocco ed il Peo. Per gli amici che leggono questo Blog e che abitano al di sotto Bologna ed oltre: certi nomignoli in Emilia sono comunissimi, e la loro etimologia è spesso contorta da spiegare per chi non è del posto. Sostanzialmente si tratta di storpiazioni del cognome con regole fonetiche particolari.
Il Cocco è un 29enne dai tratti somatici da Norvegese doc, mentre il Peo è un 23enne alla sua prima uscita “seria”. Io e Filippo saremmo stati gli “anziani” del gruppo, dato che siamo coetanei.
Ci si mette d’accordo telefonicamente dove al mattino del secondo giorno d’escursione dovrei incontrarli: un po’ meno che a metà strada. La copertura GSM della zona non è garantita, quindi non avendo al sicurezza di potermi chiamare ci si mette d’accordo che chi primo arriva aspetta l’altro. E’ mercoledì.
Il venerdi, dopo una trafficata giornata di lavoro, mi squilla il telefono alle 18.30. E’ Filippo: ha trovato una zona coperta dal segnale.
“Frank…ciao. Qui è bellissimo. Giornata stupenda, un sole magnifico, visibilità ottima. Stiamo tutti bene e… abbiamo finito l’acqua”. Cinque litri in un giorno in quelle condizioni, sono più verosimili che cinque litri per tre giorni… Così il rendez-vous cambia del mattino successivo, e loro scendono per andare a fare acqua in un rifugio attrezzato. Meglio per me, mi accorcia la camminata per raggiungerli.
Lo zaino lo aveva già preparato e pesato da due giorni (manie che possono comprendere solo chi fa un certo tipo di trekking). Il peso che ho raggiunto distrugge la regola aurea “del terzo”. In generale si dice che per una persona che ha una vita sportiva attiva, ma senza un allenamento specifico per la montagna (che è una scienza sé), non dovrebbe trasportare uno zaino che supera da 1/3 il suo peso corporeo. Il rischio è di un affaticamento precoce.
“Ma cosa vuoi che sia per in pratica neanche due giorni…” Una frase che avrei pagato caro…
Arriva sabato mattina, e bello carico (in tutti i sensi) parto per raggiungere il gruppo. Per evitare figure del cavolo con l’acqua mi zavorro con otto litri d’acqua. Mi aspettano quarantacinque minuti di percorso con un dislivello di neanche duecento metri da fare. Dopo i primi venti minuti di marcia la regola del 1/3 si materializza e mi tamburella su una spalla e guarda un cronometro: sta solo aspettando che scoppi. Arrivo al punto d’incontro ed incontro i ragazzi che, vuoi per il fatto che hanno appena mangiato e bevuto, oppure per puro orgoglio maschile, sono freschi come delle rose. Via! Si riparte per raggiungere il crinale. Arrivati in quota, abbastanza bene, la struttura geometrica del mio zaino mi fa capire quando idiota sia chi lo ha progettato ed io a sceglierlo per questa attività specifica.
Il mio zaino, di una nota americana conosciutissima dagli operatori di Forze Speciali occidentali, è un gioiello di design. Tre scomparti che si aprono offrendo sub-scomparti interni pre-sagomati per radio, torce elettriche tattiche, biro, retine interne con zip porta oggetti di piccole dimensioni, cinghie interne per comprimere eventuali capi di vestiario, ed immancabile vescica da tre litri con tubo per la bocca sullo spallaccio, che è il marchio di fabbrica di questo zaino. Sostanzialmente non ci sta dentro un ca$$0. I separatori interni sono un intralcio per piazzare dentro oggetti che non abbiano una morfologie e standard militare. Inoltre, grandissimo difetto, lo zaino si espande in profondità, e non in verticale, allontanando il baricentro dello zaino da quello della persona che lo indossa. Se poi aggiungiamo il fatto che ho applicato esternamente allo zaino delle borracce per l’acqua, dato che dentro ai vani non ci stavano, avevo creato un efficiente cilicio tecnologico e costosissimo per la mia schiena durante la camminata. Fino alla precedente uscita avevo sempre usato con soddisfazione un verdastro zaino ALICE americano epoca vietnam, che è in sostanza un saccone, con tanti sacchetti cuciti sopra e un telaio d’alluminio esterno rigido. 90,00 € e ti porti dietro la casa, come vuoi tu, e senza menate di scomparti. No! Io volevo fare il figo. Volevo testare questo zainone nero (bleaahhh il verde oliva…) che mi era arrivato dall’America quasi un anno prima, e non aveva mai visto più di quattro ore di camminata… Filippo ed il Peo avevano l’ALICE…
Inutile raccontarvi il resto dell’escursione, assolutamente che rifarei (con un altro zaino). Si, ho faticato molto, ho pagato totalmente sulle mie gambe la forza ed il peso dello zaino, ma ci sono arrivato in fondo. E, bestemmie a parte, dolori sordi ai muscoli, piaghe alle piane dei piedi, sete senza fine, zanzare maledette… Quando ci si “sveglia” all’alba e si esce da una tenda bagnata dall’umidità della notte, in mezzo al “nulla” di un’anonima vallata appena sotto il crinale… Tutto è ripagato. Rocce, cespugli appiattiti dal vento, un cielo azzurro perfetto, silenzio assoluto e il sole che sorge da un tappeto soffice di nuvole che nascondono la vallata. Dove forse potresti vederci delle strade, delle case piccolissime. Invece no. Ti vengono nascosti i segni dell’uomo, e ti rendi conto che sei in un posto che per qualche secolo è rimasto intatto. Puoi essere in qualsiasi epoca, e tu sei lì. La punta del monte che si colora d’arancione mentre il sole continua a salire e tu sei nel cono d’ombra fresco, ma non freddissimo, della valle. Riesci ad apprezzare tutto questo, anche se non hai chiuso occhio per tutta la notte causa collega di tenda che russa come un M1 A2 Abrams. Riesci apprezzare tutto questo anche se saluti Filippo con una bestemmia di prima mattina. Sono ricordi che affiorano quando sei a casa. Che ti investono la mente mentre li descrivi per gli altri, ad esempio. Come sto facendo io ora. E quindi ci si scorda che alle sei del mattino, in quella valle, le zanzare già ti saltano addosso per bucarti i vestiti, che devi fare una colazione asciutta al volo, e che devi riprendere lo zaino in spalla, e sai che ciò ti procurerà dei dolori allucinanti in tutto il corpo. Però si fa.
E si pensa sempre a quando sarà la prossima volta.
Perché io voglio essere egoista: voglio godermi in santa solitudine mentale quel panorama con le nubi nella valle.
Voglio esserci solo io, e pensarmi lontano da tutto.
Per cinque minuti.
Il Cocco ed il Peo. Il Peo ha questo senso dell'uniforme Vintage. Una bella uniforme US Army diretamente dalla fine degli anni '60...Questa foto non rende giustizia al drammatico zaino che avevo sulle spalle...
Filippo. I puntini sono delle zanzare da alta quota. Il surriscaldamento globale porta anche queste cose. Almeno così dice Al Gore...
Non so.. a volte la gente in foto viene fuori davvero male...
Un sentiero battuto... come no...
Il Cocco che ride! Cosa rara... Forse perchè sono le sei del amttino e BISOGNA rimettersi in marcia?
Si, ne è valsa la pena... E qusta foto (come tutte le foto di paesaggi) non rende assolutamente l'idea...