5.10.08

Pensieri mentre si corre al tramonto...

Le giornate si sono accorciate.
Sono appena passate le sette di sera e il sole è già al tramonto.
Oggi è stata una giornata d’inizio autunno magnifica: una leggera brezza per tutto il giorno ha spazzato il cielo dalle nuvole e dalla foschia, e l’orizzonte è limpido come poche volte ci è concesso qui in Pianura Padana.
Si vedono le Alpi, evento raro. Ed improvvisamente pensi che poi l’Italia non è poi così grande, ma è sicuramente bellissima.
Sto facendo il mio caro e solito circuito di jogging. Otto km su una strada asfaltata che si snoda dolcemente tra prati, villette e qualche timida macchia di bosco di gaggie incolto. E’ almeno sedici anni che faccio questo percorso, e come una confortante bolla temporale, in questi anni, pochissime cose sono cambiate. Ci sono angoli della periferia che sono cambiati radicalmente nel giro di mesi: case, parchi, condomini, parcheggi… In questa zona… no.
Forse è per questo che faccio sempre questo percorso. Io cambio, me ne accorgo, ma quello che mi sta intorno è sempre così. Mi da pace.
L’aria è freddina, con una temperatura assolutamente gradevole: è autunno, ma lo si capisce garbatamente, quest’anno. Prima sera però che esco con la felpa leggera.
Come al solito ho il mio MP3, ma non ascolto la mia stazione radio abituale, per una volta mi ascolto dei brani musicali. Assolutamente fuori ritmo con il movimento cadenzato del mio respiro e delle mie gambe, ma devo dare ritmo alla mia mente, non alla mia andatura. Mai messo canzoni isteriche da discoteca per “pomparmi”, ma nemmeno musica colta. Ascolto, con molta disinvoltura della “musica leggera”. All’orizzonte prima colline sono viola. Che magnifico effetto ottico quando il sole tramonta e l’aria cambia temperatura, che trasforma tutte le frequenze della luce ai nostri occhi su colori che non c’entrano nulla con la realtà. Le montagne viole ed azzurre, limpide, ci puoi vedere le prima timide luci di paesini che occhieggiano su di esse. Per meglio contrastarle il sole incendia l’aria di un bellissimo rosso arancio su tutto l’orizzonte. Nessuna nuvola. Il resto del cielo si sta scurendo, passando dall’arancio al blu scuro, passando per tutte le armonie cromatiche intermedie, che nessuno schermo lcd potrà mai solo sperare di riprodurne la metà. Rosso di sera, bel tempo si spera. Non lo so se domani sarà bello: ma ora è spettacolare.
Jason Mraz con la sua “I am Yours” fa sposare le sua imberbe voce con lo scenario che mi si para davanti.
A quest’ora su questa strada non ci sono praticamente auto. Sono solo io.
Strano.
Durante la settimana incontro svariati personaggi che, come me, cercano conforto, anti-stress e “calorie-trimming”, dalla corsa.
La maggior parte sono giovani, alcuni più giovani di me.
Ci salutiamo sempre. Uno sguardo, un sorriso, una mano alzata.
C’è il ragazzo super abbronzato, anche d’inverno, con due spalle come un toro, che corre sotto il peso dei suoi muscoli. E quello che mi sorride con maggior simpatia. Ipod al braccio.
Poi c’è un tizio che corre come se avesse un’asse da surf legata alla schiena: dritto!
Anche lui accenna sempre un sorriso e una mano. Un po’ meno però: si vede che fa fatica. E lascia sempre dietro una scia di dopobarba spaventosa. Profumarsi prima di andare a correre? Questo è stile… Ipod in tasca.
Poi c’è la “pazza”. Una donna, minuta, magra, che corre come un missile. Sempre. L’ho vista a tutti gli orari, magari io tornavo a casa per quelle strade in auto dopo una giornata di lavoro allucinante alle nove di sera… e lei corre.
Domenica mattina alle 11. Corre. Alle 13, pausa pranzo… CORRE!
Sguardo basso, tratti duri del viso, fisico scolpito nelle gambe e telefonino nokia/mp3 al collo, e MAI saluta. Per lei è una missione divina correre, un po’ come Forrest Gump, stimo.
Ho provato una volta a starle dietro: impossibile.
Poi c’è il signore coi baffoni e capelli impomatati bianchi che non corre: ha una impostazione da marcia militare, abbastanza rapida. Pantaloncini corti da calciatore e maglietta semplice, senza scritte. Ma lui c’è sempre. E lui saluta sempre con un cordiale “buonasera” ad alta voce. Niente Ipod.
Ed infine c’è il quasi 50enne che non si arrende al Tempo. Perennemente a torso nudo, mostrando una tonicità muscolare prossima al petto di pollo ingrassato, capello ribelle tinto e Rayban neri. Corre con una costante smorfia a denti stretti da sforzo ed emette dei suoni tipo “hizz!hizz!hizz!” quando espira. Non può salutare: è troppo impegnato a tenere sotto controllo il dolore dell’angina pectoris…

Ma stasera non vedo manco uno di questi personaggi.
Eppure… eppure c’è qualcosa che mi disturba. Non è un’auto che sta arrivando da dietro (ormai ho imparato a percepirle, più che sentirle).
Mi tolgo un auricolare. E dopo qualche secondo capisco.
E’ un suono cadenzato di piedi dietro di me.
Il suono aumenta, e con la coda dell’occhio la vedo.
E’ una ragazza bionda. Biondissima. Mai vista prima.
E’ vestita di scuro, i capelli sono raccolti in una coda raffazzonata, e il profilo è bellissimo.
Il suo ritmo è ben cadenzato, e dal fisico, si capisce che fa sport da sempre, oppure mangia pochissimo.
Ma esprime energia in ogni passo.
Mi affianca, ed io, ovviamente, modulo il passo per essere leggermente più veloce, allungo la falcata. Macchè, è sempre di fianco.
Tanto vale regolarsi allo stesso ritmo.
Lei non ha auricolari, corre e basta, senza respirare dalla bocca, ma ha un suono delicato dalle narici.
Si gira, e mi sorride.
Denti perfetti, come se fossero renderizzati con Autocad, e forse è l’immaginazione, ma ci vedo un brillantino su un incisivo superiore. Forse.
Il viso è appuntito, con le guance leggermente tirate mentre sorride e due fossette si creano sotto gli occhi scuri che sorridono anch’essi. Solo un piccolo neo tra un sopracciglio e la sommità del naso, rompe una simmetria perfetta di quel volto. E’ quel modello di bellezza che vediamo spesso in televisione.
Ma che ci fa di fianco a me?
Per qualche centinaio di metri corriamo affiancati, ed il suono delle sue scarpette è sincronizzato col mio. Stimo che sia alta (o bassa, dipende dai punti di vista), come me, quindi la falcata è quella.
Siamo sincronizzati.
Io, lei e questo tramonto splendido.
Jason Mraz l’ho fatto tacere da un po’, per evitare che mi suggerisca dei comportamenti non adatti alla situazione. Non è questo lo scenario per essere audaci. E che senso avrebbe?
Il tempo si ferma.
La strada raggiunge un bivio.
Solitamente io tiro dritto, per fare l’anello da otto km. Se prendo al deviazione diventa un dodici km.
Lei cosa farà?
Poche decine di metri prima lei si sposta verso il bivio. Inutile seguirla.
Prima di staccarsi definitivamente dalla strada principale si gira e mi sorride, e mi fa un saluto con la mano. E’ un saluto sincero, voluto.
Io la seguo con lo sguardo solo per qualche istante, e provo qualcosa di vagamente simile alla malinconia. Guardo di nuovo avanti: ho la mia strada da percorrere, il mio circuito.
D’istinto mi giro di nuovo verso il bivio e lei è scomparsa. Introvabile allo sguardo.
Me la sono immaginata?
Ridò vita all’MP3 e mi rimetto gli auricolari, e Zucchero Fornaciari mi canta nelle orecchie che viviamo una “Wonderful Life”.
Aggiusto l’andatura, e cerco di respirare in maniera più sincronizzata con le falcate. Un occhio all’orologio: tra dodici minuti sarò a casa.
Il rosso all’orizzonte è scomparso, nel cielo occhieggiano i primi pianeti e un paio di stelle, e la luna è crescente.
Forse Zucchero ha davvero ragione.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Il fatto che il recensore di R.I.D. abbia criticato la scelta stilistica dei dialoghi del tuo romanzo non significa che ogni volta che avrai a che fare con un altro essere vivente tacerai per non dover riportare la conversazione...
A parte gli scherzi, bel post, semplice ed evocativo.
E poi stasera c'era una luna piena ed un cielo indaco...