18.10.12

CODENAME: GERONIMO


Ecco il classico caso di "Instant Movie" realizzato in "fretta e furia" per cavalcare l'onda del successo di libri come "No Easy Day" e del prossimo film della Bigelow sullo stesso argomento, l'uccisione di Bin Laden, che uscirà tra poco.

E' sorprendente notare che, stando al sito IMDB al link http://www.imdb.com/title/tt2095605/releaseinfo, questo film CODENAME: GERONIMO sarà distribuito in prima mondiale in Italia l'8 Novembre.  Poi in Messico e quindi in Brasile. Basta. Negli Stati Uniti non è prevista un'uscita cinema per non pestare i piedi a Zero Dark Thirty, ma sarà distribuito su un canale tematico del National Geographic ed in streaming su Netflix.
Il film è stato girato completamente in Nuovo Messico e dal trailer si capisce che è un prodotto a basso budget, più assimilabile ad un film per la TV che a un film per le sale da cinema. E noi italiani subito a comprarlo per distribuirlo al cinema: evidentemente costa poco. ;-)

Dalle scene del trailer la ricostruzione dei luoghi e del compound di Abbotabad è raffazzonata e l'equipaggiamento dei SEALs è quasi completamente incoerente con quello che viene descritto nel libro No Easy Day e Manhunt di Peter Bergen. L'unica cosa che sembra collimare è il fucile H&K 416.

Ma sembra esserci una volontà, nonostante gli evidenti limiti di budget, di cercare di dare un prodotto "onesto" a livello di ricostruzione dei fatti, in quanto si nota l'uso del modello in scala del compound per i briefing (utilizzato veramente e uno dei segreti più gelosamente custoditi dell'operazione) e la presenza in squadra di un pastore tedesco nero. E' da qualche anno che sia in Iraq che in Afghanistan che i SEALs vengano coadiuvati da unità cinofile per la ricerca di esplosivi e come deterrente psicologico. Nel caso specifico dell'Operazione Neptune Spear il cane venne utilizzato, col suo conduttore, esternamente al perimetro del compound, per tenere lontano i curiosi durante il raid in corso.

Difficile giudicare un film dal trailer. Però in questo caso il "tipo di prodotto" è immediatamente riconoscibile.
Questo è il sito ufficiale del film: http://www.codenamegeronimomovie.com/ 

Dico subito che difficilmente spenderò i soldi del biglietto per vederlo al cinema, magari più avanti lo guarderò su un altro media e ne farò una recensione.

Tiriamo dritto e aspettiamo "Zero Dark Thirty".
Meglio.

7.9.12

Recensione di No Easy Day: The Firsthand account of the mission that killed Osama Bin Laden


-Uno degli episodi più importanti della Storia Moderna raccontato con molta modestia ed umiltà-

Questo libro, la cui versione cartacea uscirà tra qualche giorno, è la biografia di un operatore dei SEAL che ha partecipato attivamente all’operazione Neptune Spear: l’uccisione di Bin Laden.
Negli Stati Uniti questo libro è stato preannunciato come Il caso letterario dell’anno (a parte le varie “sfumature di grigio” che troneggia in tutte le classifica di vendite mondiali di libri). Il perché è dato dal fatto che questo operatore dei SEAL ha deciso, dietro lo pseudonimo di Mark Owen (poi “sputtanato” in maniera sospetta nel giro di poche ore), di dire “la sua verità” sui retroscena di questa operazione.
Ovviamente i media hanno caricato questo libro di enormi aspettative. E, come al solito in questi casi, il libro non è altro che una “normalissima” collezione di eventi raccontati con il classico stile anglosassone visto in decine di altri casi, col solito “format”. Introduzione, biografia del protagonista, qualche aneddoto sulle sue precedenti operazioni negli anni, descrizioni degli eventi della storia vera e propria. Da questo punto di vista No Easy Day è una fotocopia stilistica di Lone Survivor di Mark Luttrell (altro “famoso” libro autobiografico di guerra moderna scritto da un SEAL).

L’autore è molto franco fin dalla prefazione, fiaccando immediatamente le possibili curiosità di chi ha acquistato il libro: “...Se pensate che in questo libro ci siano le spiegazioni di tattiche segrete, di tecnologie sensibili o di fatti/nomi che possano mettere a repentaglio la Sicurezza Nazionale o i miei colleghi, avete sbagliato libro. Io descrivo solo cose che sono di pubblico dominio...”. Quindi, con una simile introduzione, alcune categorie di lettori potrebbero sentirsi delusi.
Ma per poter giudicare una cosa, bisogna prima conoscerla.
Così mi sono letto il libro.

Ho letto la versione originale in inglese ottenuta in anteprima il 4 di settembre in qualità di cliente “fidato” del servizio Kindle di Amazon. Per quanto riguarda l’eventuale versione italiana, non posso esprimere giudizi. Ma in certi casi i problemi sono sempre dietro le traduzioni affidate a persone non del settore. Fin da ora spero che la Casa Editrice italiana che ha acquisito i diritti di pubblicazione di No Easy Day si sia affidata a traduttori con una solida competenza in ambito militare, altrimenti, ci troviamo di fronte i soliti libri esilaranti da leggere. Chiusa parentesi.

No Easy Day è scritto con uno stile molto lineare, quasi elementare. Il libro si apre con il protagonista narratore che sta atterrando nel cortile del compound dove è stato da mesi individuato Bin Laden ed il pilota segnala che ci sono problemi. Poco prima dello schianto si conclude il capitolo ed inizia la parte biografica.
“Mark Owen” è cresciuto in Alaska imparando a vivere a contatto con una natura selvaggia e diventando un esperto cacciatore col fucile fin da bambino, sotto la guida del padre. In molti punti del libro si sottolinea che le capacità acquisite fin da bambino gli hanno permesso di eccellere come soldato nelle operazioni su terraferma.
Distinguendosi dalla moda di altri libri autobiografici sul genere, evita di descrivere nei dettagli la selezione BUD/S limitandosi a dire che è “dura, ma fattibile”. Inoltre buona parte della narrazione è focalizzata nel periodo in cui fa domanda per entrare nel DEVGRU, ovvero l’Elite dei Navy SEALs, il Reparto a cui sono affidate le missione più sensibili.

Pur non entrando nei dettagli, ma piuttosto cercando di sottolineare la ricerca della semplicità assoluta nelle strategie e nelle tattiche impiegate in Iraq ed Afghanistan per combattere gli “insurgents”, molte pagine descrivono episodi di combattimenti molto esplicativi. Il tutto si riduce al fatto che anche i SEALs fanno quello che possono, e che anche quattro iracheni asseragliati al secondo piano di un edificio sono un bersaglio inespugnabile per tre squadre SEALs e richiedono l’intervento di due corazzati Bradley per risolvere la situazione. Oppure che la burocrazia è in grado di legare le mani anche a loro, i Navy SEALs.


Il libro è godibile per l’estrema modestia, umiltà, dell’autore. Che si definisce solo un uomo che cerca di servire l’America e di proteggere i suoi colleghi, tutti con una vita famigliare azzerata. Qualche episodio di vita tra SEALs, degli innumerevoli scherzi (anche pesanti) che si fanno tra di loro e testimonianze di grandi atti di eroismo e professionalità in combattimento. Tutto questo per esattamente metà del libro. Dalla metà in poi il libro si prosegue con l’autore che riceve un SMS che gli dice di recarsi immediatamente alla base.
Da lì inizia il briefing e l’addestramento che ha come obiettivo la cattura di Bin Laden. Molto interessante la parte di Intelligence e di conduzione dei briefing, dove la semplicità espositiva senza fronzoli è essenziale a tutti i livelli. 

Il Raid vero e proprio occupa gli ultimi sei (molto rapidi) capitoli, dove è una cronaca molto asciutta, ma puntuale, dei ricordi dell’autore di quei minuti. Non sarà lui quello che sparerà a Bin Laden, ma sarà colui che ne farà le prime foto e la prima perquisizione del cadavere. Inoltre, dal resoconto di questo libro, quella di Bin Laden fu un’esecuzione, in quanto, smentendo le fonti giornalistiche e altri libri sull’argomento (vedasi il comico e surreale per quanto male ricostruisce gli eventi “SEAL TARGET: GERONIMO), Bin Laden era disarmato.

Dettaglio non trascurabile, in virtù delle dichiarazioni dell’autore nella prefazione, non viene spesa nemmeno una parola per descrivere la versione “stealth” degli elicotteri Blackhawk utilizzati nel raid. Ci si limita  dire per l’elicottero schiantato nel cortile del compound: “vennero piazzate delle cariche esplosive per distruggere l’avionica e gli apparati di comunicazione che contenevano delle tecnologie sensibili”.
Il resto del libro è una dettagliata, e decisamente realistica, descrizione degli eventi che riportano i SEAL in Afghanistan con a bordo il corpo di Bin Laden, e dei pochi minuti in cui è esaminato in un hangar, prima di essere trasportato via per essere sepolto in mare.

In conclusione è un libro ben scritto, anche se con uno stile molto semplificato. Non lascia spazio a dichiarazioni particolarmente aggressive o idiozie letterarie come il Dick Marcinko dei suoi primi libri autobiografici. Anzi, in questo libro c’è una breve, ma calcata, critica proprio a Marcinko ed al suo modo di fare da “eterno ex-fondatore del SEAL TEAM SIX”.
Il libro si conclude con una lista dei SEAL caduti dall’Undici di Settembre 2001 ad oggi e dichiara che parte dei proventi delle vendite del libro andrà alle famiglie di questi SEAL.

Personalmente il libro mi è piaciuto proprio per il tono maturo, discreto, professionale, con cui l’autore illustra la sua vita e carriera operativa nei SEAL. Non è una maniacale collezione di termini tecnici o di descrizioni chirurgiche di tattiche. Però, per chi sa cogliere i dettagli, dice molto su come si è evoluto il CQB dei SEAL dal 2001 ad oggi. C’è qualche “product placement” che fa storcere un po’ il naso: l’autore cita un po’ troppo spesso, con troppa enfasi e fuori contesto, tre marche. Una di coltelli, una che fabbrica indumenti tattici e una di calzature. Purtroppo anche i libri, come i film di Hollywood, hanno bisogno di sponsor.

Il libro è consigliatissimo per chi vuole avere una buona idea delle attuali metodologie di conduzione della guerra moderna al terrorismo, e per apprezzare una “voce fuori dal coro” della ricostruzione di uno degli eventi più importanti della storia moderna: l’uccisione di Bin Laden.Il tutto senza nemmeno l’ombra di sensazionalismi. 
Solo per questo dettaglio mi viene da pensare che è tutto autentico quello che c’è scritto in No Easy Day. ;-)


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Italia 2014. Sono trascorsi due anni dagli eventi de "La giusta decisione". Saverio Mora, l'analista dei Servizi Segreti italiani, e Matteo Giuliani, ex ufficiale del Col Moschin, oggi vivono le loro vite a centinaia di chilometri uno dall'altro, ignari delle circostanze che li stanno per travolgere.
Due storie parallele che condurranno il lettore nell'Iraq devastato dal ritiro delle truppe occidentali, in balia di Contractor corrotti coinvolti in traffici illeciti, e in una Italia dove i Servizi Segreti e i GIS dei Carabinieri tentano di sventare la devastante quanto concreta minaccia di un attentato terroristico. Xenofobia, voto agli immigrati e la dettagliata quotidianità dei Contractor in Iraq sono solo alcuni dei temi scottanti in cui il lettore si troverà catapultato, attraverso una trama ricca di azione e realismo tecnico fino al culmine di un finale emozionante e imprevedibile. Per maggiori informazioni su www.francescocotti.it

26.8.12

Houston, Tranquility Base here. The Eagle has landed



Ieri è morto Neil Alden Armstrong.
Un nome che fino a qualche ora fa era conosciuto solo a chi è stato bambino negli anni '70.
Siamo cresciuti con il mito dell'astronautica, dell'esplorazione spaziale.
Mi ricordo che alle scuole elementari avevo un quaderno sulla cui copertina c'erano i tre astronauti della Missione Apollo 11: Aldrin, Armstrong, Collins. E riuscivo a dire tutti i tre nomi in fila senza incastrarmi la lingua come tutti i miei compagni di classe.

Il primo uomo a toccare il suolo lunare, in una missione -un'avventura umana- che oggi sarebbe impensabile solo riprogettare a tavolino.
Abbiamo software in grado di calcolare in tempo reale tutte le variabili e tutte le cose che potrebbero andare "storte" in una missione con equipaggio umano verso la Luna.

Negli anni '60 non avevano certe cose, ed infatti ce l'hanno fatta.

E' servito a qualcosa?
No.
Avrebbe senso tornarci?
No.
Vogliamo tornare in un mondo diviso in due Blocchi, in due Ideologie politiche, perennemente in bilico tra la Guerra Fredda e la Terza Guerra Mondiale nucleare?
No.
Quindi le missioni Apollo non hanno avuto senso, sono state inutili ed hanno rappresentato l'apice dello sforzo americano per combattere la Guerra Fredda contro i Sovietici. Uno spreco di risorse economiche inutile.

Questo è quello che dicono i "revisionisti" di quegli anni.
(i "lunacomplottisti", ovvero coloro che affermano che le missioni Apollo non sono mai avvenute perché tecnicamente impossibili negli anni '60 non li prendo nemmeno in considerazione. Li liquido dando solo un consiglio: meno Internet e programmi scellerati in TV e leggete più libri. Poi capirete anche voi. In qualche modo.)

Io ho vissuto le Missioni Apollo con gli occhi da bambino. Purtroppo mi sono perso la "diretta", perché non ero ancora nato, ma ho avuto la fortuna di poter esprimere nei miei primi disegni a scuola il modulo LEM.
La mia visione è quindi un po' romantica, un po' di parte. Lo ammetto.
Gli astronauti delle Missioni Apollo hanno sempre rappresentato per me il massimo del coraggio, dell'eroismo e della capacità dell'Umanità di raggiungere uno scopo.
Credo che dopo allora, non ci sia stata più nessuna impresa così gloriosa.
Si, certo, due settimane fa abbiamo fatto atterrare un SUV su Marte con delle fotocamere da cellulare di qualche anno fa che sta laserando rocce per capire, per l'ennesima volta, se c'è stata vita su quel pianeta.
Per quanto la sonda Curiosity è davvero stata una bella impresa per la NASA, non c'è paragone con quello che è successo nell'estate di 43 anni fa.

Ce lo siamo scordati tutti.
E chi non ha vissuto quegli anni, non basta Wikipedia per coprire la lacuna culturale: Giacobbo è sempre in agguato.  Semplicemente i ragazzi di oggi non sanno che questo ingegnere dal sorriso spontaneo ed il volto mansueto ha camminato lassù. Su quel disco bianco e bellissimo che c'è nel cielo.

Neil è stato il primo a toccare il suolo lunare. Ed è anche il primo di tutti gli astronauti delle Missioni Apollo ad andarsene.
Prima o poi se ne andranno tutti.

Facciamo in modo di non scordare che c'è stato un manipolo di coraggiosi uomini che lassù c'è stato, e ha dimostrato che non siamo confinati su questa pallina blu, posta in un angolino dell'Universo.

Non voglio sembrare ridicolo, ma stasera la Luna non si vede: è coperta dalle nuvole. Però ogni tanto mi è capitato di ammirarla (e chi non lo fa? Poi ognuno ha le sue ragioni per farlo...)
Ed ogni tanto mi è echeggiata nelle orecchie quella trasmissione di pessima qualità: Houston, Tranquility Base here. The Eagle has landed.
Una frase che per me ha sempre avuto molto più significato di "Un piccolo passo per un uomo, un grande balzo per l'umanità".

 Godspeed Neil.



22.8.12

Stealth 4 Dummies

Una delle attività in assoluto più gratificanti nello scrivere un certo genere di romanzi è la fase di documentazione. I romanzi techno-thriller si propongono ad un pubblico ben preciso ed estremamente esigente. Quando si parla di tecnologie militari, di procedure e tattiche, non ci si può troppo improvvisare, a parte qualche indispensabile “licenza narrativa”. Il mio lettore medio è assolutamente in grado di capire se sto scrivendo delle stupidaggini esagerate o se sto effettivamente utilizzando nel flusso narrativo concetti e tecnologie attuali e/o credibili.
E’ molto difficile poter “accontentare” questo tipo di audience.

Detto questo, per la stesura del mio terzo romanzo, che impegnerà con tutta probabilità tutto il 2013, mi sto documentando pesantemente sulle tecnologie stealth applicate ai velivoli.

A dir il vero l’argomento mi ha sempre interessato, e dal 1988, da quando lo F117 Nighthawk è stato rivelato al mondo, ho cercato quante più informazioni possibili su di esso e le tecnologie che hanno portato alla sua realizzaizone. Negli anni, grazie ad Internet e con l’aiuto di persone molto competenti, penso di aver acquistato e letto tutti i libri, contenenti informazioni di pubblico dominio, sull’argomento.
Alla fine, come al solito, a più di vent’anni di distanza da quella “rivelazione” si scopre che le cose sono ris “molto più semplici” di come abbiano voluto farci credere. O di come i giornalisti, anche specializzati, abbiano voluto farci credere. Meglio.
Il dovermi rituffare a leggere di nuovo tutti questi libri, e a cercare (e “scremare”) tutte le informazioni inerenti su Internet, mi ha portato a voler scrivere questo post, che poi non è altro che una “verifica” a cui mi sottopongo autonomamente, per capire quanto e come sto maneggiando l’argomento.

Quello che segue è una sintesi della storia degli eventi che hanno portato alla realizzazione di uno degli aerei più affascinanti della storia militari, dalla sua nascita al suo pensionamento. Per chi è interessato all’argomento probabilmente non troverà novità eclatanti in quanto segue, ma forse qualche dettaglio potrà risultare nuovo. Qualche blogger con la sindrome da "maestrina dalla penna rossa" invece avrà qualcosa da ridire. Nessun problema, correggetemi pure ed integrate il post con le vostre conoscenze.
Buona lettura.

STEALTH 4 DUMMIES
Breve storia dell’aereo "super segreto" USAF più famoso al mondo.

Il tutto ha inizio durante la Seconda Guerra Mondiale, con l’avvento dei primi RADAR. Immediatamente gli ingegneri di entrambi gli schieramenti cercarono di capire come eluderlo. I tedeschi furono i primi ad intuire che la forma di un velivolo ed il materiale con cui era assemblato influiva sulla sua “impronta RADAR”. Ma furono gli Alleati a studiare i primi materiali “radar assorbenti” (RAM: Radar Absorbent Material) con impasti di sostanze collose con della ferrite. Per tutti gli anni ‘50 gli Stati Uniti, utilizzando anche studi ottenuti dai tedeschi, portarono avanti qualche programma di realizzazione di aerei in grado di diminuire la loro “traccia radar”. Tutti gli studi erano concentrati, più che dare una forma particolare al velivolo, di coprirlo, o di costruirlo, con materiali che fossero “invisibili ai radar”. Inoltre cercarono di avere un approccio al problema di tipo elettromagnetico. Ovvero di dotare gli aerei di apparecchiature elettroniche in grado di produrre onde elettromagnetiche in controfase rispetto a quelle radar, per annullarle. Era l’alba della Guerra Elettronica, la cosidetta EW (Electronic Warfare). Questa particolare specilaità prese poi una sua strada e si sviluppò enormemente dagli anni ‘70 in poi, dotando aerei specializzati non tanto a rendersi invisibili ai radar nemici, ma piuttosto di disturbarli pesantemente, creando falsi bersagli oppure proprio distruggendoli con particolari missili. Era l’esatto contrario dell’emergente concetto “stealth”, ma per decenni avrebbe funzionato alla grande.

Una svolta a queste ricerche, rimaste sempre abbastanza marginali per l’USAF, venne dalla guerra del Vietnam, in cui le difese missilistiche con tecnologia Sovietica in mano al Vietnam del Nord, fecero una strage di aerei USA. Non è molto pubblicizzato il fatto, ma in pochi anni di campagne aeree americane in Vietnam, sono stati abbattuti più di mille aerei USA. Lo strapotere tecnologico dei radar e dei missili terra-aria Sovietici era ben evidente. Gli americani a questo punto pensarono, dato che si era in piena Guerra Fredda, che se fosse scoppiata la Terza Guerra Mondiale in Europa (fino al 1987 l’ipotesi non era poi così remota, le generazioni più giovani probabilmente non hanno nemmeno presente questo concetto), gli USA avrebbero perso, perché si rendevano conto che i loro bombardieri non sarebbero mai riusciti a superare la barriera RADAR sovietica. L’allora dottrina di bombardamento era di volare a filo del terreno con aerei dotati di radar TFR (Terrain Following Radar), ovvero autoguidati a seguire l’orografia del terreno,a  velocità quasi supersoniche, per “passare sotto la copertura radar”. Se questo sistema sulla carta poteva anche funzionare, nella realtà esponeva il velivolo alla batterie antiaeree convenzionali. La Prima Guerra del Golfo del 1991 sancì la fine di questa tattica, dato il relativamente alto numero di bombardieri della Coalizione persi con attacchi a bassa quota sugli obiettivi iracheni.

Così l’USAF, nel 1970, invitò le maggiori aziende costruttrici di aerei militari del tempo e fece una segretissima richiesta: sviluppare un aereo “invisibile” ai radar. Costi quel che costi. Il programma doveva assolutamente essere segreto, e avrebbero avuto fondi di sviluppo illimitati.
Nella sfida tecnologica, i cui esiti potevano essere disastrosi in termini economici per il costruttore, ci si tuffò Northrop. La Lockheed, che aveva già impressionato il mondo aeronautico con realizzazioni storiche come lo SR71 “Blackbird” e lo U2, non venne invitata inizialmente dal Pentagono. Ma Ben Rich, il capo dei progetti speciali dell’azienda, decise di partecipare al concorso anche senza avere assicurazione per i fondi stanziati dal Pentagono. Aveva capito che, in ogni caso, avrebbe investito in una tecnologia emergente e poterne sviluppare prima di altri il “konw-how” sarebbe stato strategico nel futuro. Aveva ragione.
La Lockheed era già abituata a lavorare con progetti segreti, e aveva un suo dipartimento appositamente formato, chiamato Skunk Works. Tutti gli ingegneri ed il resto del personale assegnato a questo dipartimento erano già stati adeguatamente formati per lavorare a progetti sensibili. Era il 1973.

I tecnici Lockheed iniziarono i loro studi mettendo le mani su uno studio matematico russo, Pyotr Ufimtsev, di pubblico dominio, sulla diffrazione delle onde elettromagnetiche. Questo documento fu pubblicato nel 1964 e conteneva una formula matematica che dimostrava che l’energia restituita da un oggetto colpito da un’onda elettromagnetica era in funzione della forma dell’oggetto stesso, e  non della sua dimensione.
L’intuizione degli ingegneri della Skunk Works fu la seguente: per rendere un velivolo (un oggetto, in linea più generale) “invisibile” ai radar bisognava progettarlo affinché avesse una forma che facesse rimbalzare le onde radar in modo “prevedibile”, ovvero non verso la sorgente radar. Inoltre, il velivolo, sarebbe stato ricoperto da un innovativo sistema di RAM, realizzato in fogli tipo linoleum, da appiccicare (non verniciare come dicono alcune fonti) sulle lamiere. Quindi l’obiettivo “dell’invisibilità” ai radar sarebbe stato ottenuto dalla forma particolare e dallo smorzamento delle onde radar rimbalzate. L’aereo avrebbe avuto “solo” un problema di base: la forma sarebbe stata progettata per essere efficace solo con un range piuttosto ristretto di frequenza radar. Tradotto: sarebbe stato utile solo con le frequenze, super segrete al tempo, di alcuni tipi di radar per la sorveglianza aerea di tipo sovietico. Con altri tipi di radar, magari dotati di frequenza molto diversa o diversa tecnologia, l’aereo sarebbe stato “abbastanza visibile”. Questo dettaglio non sarebbe emerso al pubblico se non nel 1999 col suo utilizzo contro la Serbia.
Questa tecnica di dare una forma particolare ad un oggetto per ottenere certi tipi di risultati in termini di risposta elettromagnetica è detta “faceting”.

Nei primi anni ‘70 i computer di cui poteva disporre la Lockheed, per quanto fossero i migliori del momento, avevano una potenza di calcolo ridicola per poter affrontare tutte le variabili dell’equazione di Ufimtsev . Gli ingegneri immediatamente capirono che ci sarebbero voluti anni di calcoli computerizzati se avessero ricercato una morfologia di aereo “tradizionale”. Quindi, semplicemente per risparmiare anni di uso di supercomputer, decisero di modellare il nuovo velivolo utilizzando la geometria del triangolo per semplificare al massimo i calcoli. La Northrop, che invece decise di proseguire sulla strada di ottenere un velivolo dalla forma “liscia”, attese ben dieci anni, per potersi avvalere della potenza di calcolo dei computer dei primi anni ‘80, per poter ottenere il disegno del bombardiere stealth B2. Sia nello F117 che nel B2 è stata applicata la formula di Pyotr Ufimtsev. La differenza enorme nelle forme sta, sostanzialmente, in una carenza di potenza di calcolo della Lockheed al tempo del progetto.

La Lockheed quindi costruì un modello statico di aereo, denominato “hopeless diamond”, per la sua morfologia alquanto stramba. Lo posizionò sopra un palo alto tre metri e mezzo e poi da una postazione radar lontana circa 400 metri iniziò a far delle prove con presenti alcuni generali dell’USAF. L’immagine radar era appena percepibile. Il modello, che era poco più dei ¾ dell’aereo finale che avevano ipotizzato, stava dimostrando una RCS (Radar Cross Section - Segnatura Radar) ridicolmente piccola. Però c’era. Non era “invisibile”. Mentre i tecnici stavano cercando di far comprendere ciò ai militari, arrivò una chiamata radio in cui il tecnico Lockheed che era sotto il palo comunicò che c’era un uccello appollaiato sul modello e non sapeva come scacciarlo. Dalla base radar gli consigliarono di usare il clacson del camioncino della manutenzione per spaventarlo. Il consiglio funzionò e l’uccello volo via. L’immagine sul radar scomparve. I generali USAF furono entusiasti. I tecnici della Lockheed avevano realizzato il modello di un aereo che aveva una segnatura radar inferiore a quella di un volatile. In questo modo la Skunk Works si prese l’appalto per lo sviluppo del bombardiere tattico ultra segreto stealth denominato: progetto “Senior Trend”.





HAVE BLUE: Il primo prototipo stealth

La Skunk Works, incassato l’ok dalla DARPA, sviluppò a tempo di record due prototipi modificando leggermente il design dello “Hopeless Diamond” e creando lo XST: Xperimental Stealth Technology. Si trattava di due piccoli jet, costruiti cannibalizzando pezzi da aerei già esistenti (dai motori, ai carrelli) e basati su una pesantissima riprogramamzione del sistema di volo dello F16. Infatti, se avevano trovato una forma con una bassa segnatura radar, quel velivolo era totalmente inadatto al volo convenzionale, dato che rispondeva pochissimo alle regole classiche del design aeronautico. Quindi sarebbe servito un potente computer di volo che interpretasse i comandi del pilota e li traducesse in movimenti delle superfici di controllo aerodinamiche che permettessero di far volare quell’aereo spigoloso in modo coerente. Una volta Ben Rich disse: “Con il software di volo che abbiamo sviluppato per il Nighthawk potremmo far volare anche la Statua della Libertà”.





I primi voli furono incoraggianti, ma entrambi i velivoli, dopo un certo numero di sortite, si schiantarono in incidenti di natura diversa. Per evitare di fare troppo trambusto i relitti vennero seppelliti direttamente nel deserto dove erano precipitati.
Tutte le prove degli Stealth, ed il successivo addestramento dei piloti, avvenne nell’enorme poligono di tiro nucleare di Groom Lake - Nevada con esclusiva attività notturna e con un apparato di sicurezza ed una coltre di segretezza enorme. I satelliti spia Russi, dopotutto, erano costantemente puntati sul territorio americano. Proprio in questi anni di sperimentazioni e di voli notturni si creò il mito dell’AREA51. Ma questo è un altro paio di maniche. Era il 1977.

Il primo prototipo di F117 “quasi definitivo” venne realizzato in colore grigio, ed un altro a chiazze di grigio. Le prove realizzate al crepuscolo e notturne indicarono che era il colore migliore in assoluto per confondere anche l’occhio umano (cosa che venne “capita” dall’USAF circa venti anni dopo). Ma un generale dell’USAF si incaponì che l’aereo, per motivi “tattico-psicologici”, doveva essere verniciato di nero opaco. La Lockheed non se la sentì di contraddire il cliente, che in effetti stava sborsando finanziamenti in modo corposo, e si proseguì quindi verniciando gli F117 definitivi di nero opaco.

La designazione F117 merita una digressione a parte.
Nel 1967 venne formalizzato dal Pentagono il metodo di nomenclatura degli aeromobili sia sperimentali, e sia di prima linea. In linea di massima gli aerei da caccia avrebbero avuto il suffisso “F” (Fighter-Caccia), gli aerei da bombardamento tattico la “A” (Attack), i bombardieri strategici il suffisso “B” (Bomber). Questi suffissi avrebbero dovuto essere accompagnati da una cifra numerica incrementale. Al tempo dello sviluppo del progetto stealth era in corso anche la qualificazione del nuovo aereo da appoggio tattico a cui erano interessati l’Air Force, la Marina e l’Aviazione dei Marines. Quindi le sigle F17 Cobra ed F18 Hornet erano state utilizzate per questi due aerei sperimentali. Da questa competizione sarebbe uscito vincitore l’Hornet. Poi, improvvisamente, la Northrop, con un’iniziativa assolutamente privata, creò il prototipo dello F20 Tigershark (stupendo aereo leggero molto avanti per i tempi). La nomenclatura, saltando la cifra “19”, fu affibbiata solo ed esclusivamente per motivi commerciali, perché il reparto marketing della Northrop aveva pensato che avere la sigla col “20” comunicasse il concetto che l’aereo facesse parte di una nuova generazione di velivoli. Il Tigershark non ebbe mai la fortuna commerciale che meritava, ma più che altro per motivi politici. Ma questa è un’altra storia.
Un sacco di “analisti”, ovvero giornalisti aeronautici, nonché i Russi, colsero questo salto di nomenclatura. E si convinsero che gli americani stessero lavorando ad un “nuovo tipo di aereo da caccia segreto” designato F19. Per una volta gli USA compresero che l’unico sistema per mantenere il segreto sullo F117, era di disseminare in modo voluto false informazioni sul loro nuovo progetto stealth. Così dal 1978 al 1988 i Russi e buona parte degli analisti mondiali militari furono sicuri che gli USA avessero un aereo da caccia anti-radar, ma che avesse forme arrotondate e senza superfici di volo mobili. La “copertura” fu così efficace che ci cascarono tutti. E la notizia passò anche al mondo degli appassionati civili. Tom Clancy nel suo romanzo “Uragano Rosso” (Red Storm Rising) dedica un intero capitolo a questi aerei Stealth dalla forma di “frisbee”, intitolandolo appunto “I Frisbee di Dreamland”. In questo capitolo due F19 effettuano una missione aria-aria per abbattere un AWACS sovietico. La italiana Italeri fece uscire un kit per modellisti in scala 1:72 e 1:48 (che io ho comprato a suo tempo!) basato sulle speculazioni di Tom Clancy e di Aviation Week. Da questo kit venne modellato il videogioco della Microprose F19 Stealth Fighter. Solo per questi tre “eventi” (romanzo, videogioco, kit di montaggio) i Russi erano DAVVERO convinti che esistesse l’F19 e che avesse quella bizzarra forma. 





La nomenclatura F19 non venne MAI usata dai piloti dei veri aerei stealth durante le loro esercitazioni notturne.
Piuttosto, alle torri di controllo degli aereoporti militari del poligono di Groom Lake, venne detto che aerei chiamati F117, che “potevano essere degli A7 modificati”, dovevano fare numerose sortite notturne.
La nomenclatura F11X era un altro progetto relativamente segreto, al tempo, dell’USAF. Con questa nomenclatura si chiamavano gli aerei russi catturati, comprati, contrabbandati, abbattuti parzialmente e rimessi in condizioni di volo o appartenenti a piloti disertori. Questi aerei (MIG 21, MIG 23, forse anche dei nuovissimi MIG 29) furono utilizzati per addestrare i piloti americani a combattere contro VERI aerei russi utilizzando reali tattiche di volo sovietiche. Queste attività di “dissimilar air training” fecero furore per tutti gli anni ‘80 e parte degli anni ‘90. Quindi, per confondere le idee ai russi, questi aerei avevano delle nomenclature fuori standard. Quindi lo F117 era una sigla che avrebbe dovuto essere data ad un caccia russo utilizzato dagli americani per scopi di addestramento realistici.
Una volta che lo F117 venne rivelato al mondo, nessuno ebbe il coraggio di dargli un’altra sigla.

Il Nighthawk viene rivelato al mondo

E’ il 1988 e viene mostrata la prima foto ufficiale dello F117. Ovviamente tutti gli analisti rimasero sgomenti. Non assomigliava assolutamente allo F19. La foto diffusa fu volutamente sottoesposta e deformata, per non suggerire ai russi le reali dimensioni e forma del velivolo. Non vennero dati ulteriori dettagli, se non che l’aereo era operativo “da più di dieci anni”.
Per quanto si cerchino informazioni, sembra proprio che lo F117 non abbia mai fatto una missione reale di guerra prima del 1989. I piloti veterani, che in questi anni stanno scrivendo libri a profusione sulla loro esperienza di volo con lo F117, sono tutti concordi ad indicare che l’unica volta che furono davvero pronti a prendere parte ad una missione operativa fu nel 1986 con l’attacco USA alla Libia. Il presidente Reagan richiese l’utilizzo dello F117 per penetrare furtivamente le difese aeree di Gheddafi per colpire tutte le sue presunte residenze contemporaneamente per essere sicuri di ucciderlo. I generali USAF, più preoccupati al tempo dei Sovietici che di Gheddafi, fecero desistere Reagan. Il problema era che se anche per un’avaria, non per forza un abbattimento, uno F117 fosse caduto su suolo Libico, sarebbe finito dritto in mano all’URSS, e sarebbe stato un disastro a livello strategico per gli americani. Avrebbero perso il vantaggio tecnologico nella Guerra Fredda.
Quindi nel 1986 vennero utilizzati aerei convenzionali per la campagna di bombardamento lampo su Tripoli e Bengasi. Altre interviste ai piloti indicano che gli F117 sono stati ad un passo dallo essere schierati “altre due volte” tra il 1978 ed il 1988. Ma non hanno mai indicato con quali potenziali bersagli.





Nel 1989, in maniera del tutto inaspettata, nell’Operazione Just Cause, l’invasione di Panama, due F117 vennero utilizzati per bombardare due caserme di militari panamensi. tenendo conto che Panama non aveva nessun tipo di difesa aerea degna di questo nome, questa azione venne vista come una tremenda dimostrazione esagerata di potere da parte degli USA.

Poi venne la crisi irachena del 1990, con l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, ed immediatamente gli F117 vennero schierati in Arabia Saudita nel corso dell’Operazione Desert Shield, in preparazione alla famosa Desert Storm del Gennaio 1991. Gli F117 furono i secondi velivoli ad attaccare l’Iraq (i primi in assoluto furono degli elicotteri AH64 Apache che abbatterono delle stazioni radar sul confine radar). Gli F117 divennero il “simbolo” della campagna aerea contro Saddam Hussein. Tutto il mondo vide le immagini delle “smart bomb” a guida laser sganciate dagli F117 entrare dentro le finestre, le prese d’aria sui tetti di molti edifici governativi iracheni. Il tutto in una virtuale invulnerabilità di questi aerei stealth. L’uso così massiccio dello F117 nella campagna irachena sancì l’inizio della fine operativa del velivolo. I generali USAF sapevano che più l’aereo veniva esposto alle difese aeree radar irachene, e più i consiglieri militari sovietici (schierati in quantità enorme a fianco degli iracheni nel 1991) erano in grado di raccogliere informazioni sul “comportamento elettromagnetico” del velivolo. Ma ormai la Guerra Fredda era finita, e l’aveva vinta l’America. Quindi, lo F117, il guerriero da Guerra Fredda per eccellenza, poteva anche prepararsi ad andare in pensione. Almeno entro pochissimi anni.

Lo F117 passa qualche anno più a partecipare ad Air Show in giro per il mondo che a veri rischieramenti operativi. Intanto riceve qualche aggiornamento nella elettronica, in quanto lo F117, fino al 1991, aveva dentro di sè l’elettronica degli anni ‘70. Quindi niente GPS fino al 1991, niente sistemi di comunicazione particolarmente sofisticati, e niente radar (che non avrebbe mai avuto, essendo un aereo che basava la sua soppravvivenza nella sua “passività elettromagnetica”). Inoltre, dettaglio che avrebbe fatto la differenza entro pochi anni, non aveva un RWR (Radar Warning Receiver). Ovvero, non aveva dei sensori di bordo che gli indicavano se era stato inquadrato da un radar ostile. Equipaggiamento considerato indispensabile in tutti gli altri velivoli. E questo dettaglio tecnico sarà fatale ad un F117 nel 1999 sopra la Serbia.

La storia operativa dello F117 è relativamente breve, ma molto intensa. Quando non ha svolto vere missioni di combattimento, dopo la Desert Storm del 1991, gli aerei stealth sono stati schierati di volta in volta in vari teatri operativi del mondo, un po’ come deterrente in certe zone calde, compreso il Sud Est Asiatico.
Nel 1999 gli F117 prendono parte alla campagna di bombardamento sui Balcani nell’operazione NATO Allied Force, ed il 27 marzo di quell’anno viene abbattuto il primo (ed unico) F117 della storia. Gli operatori radar serbi, con notevoli input russi, riuscirono a trovare un sistema di rimodulare i loro radar di guida missili anti-aerei su una lunghezza d’onda estremamente lunga, in modo da rendere visibile lo F117 quando apriva il vano bombe durante lo sgancio degli armamenti. In quella che fu una vera e propria caccia del gatto al topo elettromagnetica, un missile riuscì ad essere guidato con successo verso un F117 e con una spoletta programmata per esplodere molto in anticipo per investire di schegge un’area di cielo maggiore. Lo F117 venne gravemente danneggiato e divenne incontrollabile e il pilota fu costretto ad eiettarsi. Il pilota venne recuperato dalle squadre SAR, ma il relitto dell’aereo cadde in mano serba. Cinesi e russi furono tra i primi ad ispezionare il relitto nelle settimane successive all’abbattimento. La tecnologia dello F117, per quanto ormai vetusta, era totalmente compromessa.
Lo F117 venne utilizzato brevemente per le campagne Enduring Freedom e per Iraqi Freedom, fino al suo ritiro totale nel 2007. 


Ormai considerato un aereo costosissimo da mantenere operativo (a causa della continua manutenzione dello strato di RAM di cui era ricoperto) e ormai “inutile” nei nuovi scenari operativi della NATO. Il B2, nonostante sia un bombardiere pesante strategico, lo sostituirà negli anni ad interim anche per missioni “tattiche” in cui è richiesta un’inserzione stealth dello spazio aereo avversario, come in Libia nel 2011. Il prossimo velivolo stealth, ben lungi da essere completamente operativo, è lo F22 Raptor, il cui ruolo aria-suolo è ancora molto discusso.





Volare con lo F117

Come accennato lo F117 aveva una forma aerodinamicamente instabile, e solo grazie ad un computer di volo era in grado di volare in modo controllato. Il sistema si basava su di un circuito di volo replicato quattro volte per ridondanza. I quattro tubi che sono presenti nel muso dell’aereo sono quattro sonde di Pitot indipendenti tra loro, che rappresentano i quattro circuiti. Se per qualche motivo si fossero guastati tutti e quattro i circuiti di controllo di volo, il pilota doveva eiettarsi. Il sistema di volo computerizzato, detto “fly-by-wire”, degli anni ‘70 era un po’ “crudo”. Prima di ogni volo doveva essere “tarato” con una serie di manovre della cloche da parte del pilota, quando ancora l’aereo era dentro l’hangar, che si dice che fossero abbastanza complicate e “violente”. Infatti il computer di volo, per essere tarato, doveva avere degli input dalla cloche ben precisi in una sequenza particolare, in tempi cronomentrati. Come risposta il computer di volo di volta in volta agiva sulle superfici di volo con la massima reattività e con la massima escursioni di esse. Chi è stato testimone di questa sequenza ha dichiarato che era abbastanza rumorosa e che faceva vibrare tutto l’aereo. Se per qualche motivo il pilota sbagliava un movimento della taratura, la sequenza doveva essere ripetuta da capo.
L’areo, data la sua forma particolare, per decollare e per atterrare doveva avere una velocità piuttosto elevata e quindi abbisognava di piste piuttosto lunghe. Durante il volo, i piloti hanno dichiarato che l’aereo era piuttosto docile. Il nomignolo “wooblin’ goblin” era stato coniato da un giornalista che non aveva manco visto lo F117 e aveva ipotizzato che fosse totalmente instabile in volo. L’unico vero problema era la visibilità esterna, che era pregiudicata dalla struttura del tettuccio molto particolare.
Lo F117 volava operativamente esclusivamente di notte, e i piloti, che non avevano occhiali per la visione notturna, dovevano orientarsi in volo solo con la loro esperienza in volo notturno, con gli strumenti, e con il display che mostrava il mondo davanti e sotto di loro in un’immagine termica. Negli anni ‘70 la tecnologia delle camere termiche (non confondiamolo con la tecnologia di amplificazione della luce residua) era segreto militare. Quindi il loro volo e soprattutto l’identificazione del bersaglio avveniva attraverso le immagini a toni di grigio del FLIR (Forward Looking Infra Red) che mostravano l’ambiente circostante in base alla sua temperatura. Se il bersaglio aveva una temperatura, per qualche motivo, simile al terreno circostante, era davvero una bella sfida per il pilota distinguerlo.
L’armamento dello F117 era basato solo su bombe a guida laser, due, portate nella stiva ventrale. Il bersaglio veniva “laserato” dallo F117 che poteva in autonomia “marcare” il bersaglio per le sue bombe, oppure agganciare un laser alleato emesso da truppe a terra o da un altro aereo. Se c’erano nuvole o fumo che impedivano al laser di “marcare” il bersaglio, la missione veniva abortita. Questa evenienza è accaduta relativamente spesso.
Il volare di notte, inoltre, poteva portare a fenomeni di “disorientamento spaziale” in cui il pilota poteva non capire più dove fosse “l’alto” ed il “basso” nonostante il “conforto degli strumenti”. Dopo un paio di incidenti mortali avvenuti durante delle esercitazioni, lo F117 venne dotato di un grilletto sulla cloche che riportava istantaneamente in volo livellato l’areo con il muso leggermente cabrato. Dato che la manovra era d’emergenza e totalmente controllata dal computer di volo affinché avvenisse il più rapidamente possibile, il rientro ad un assetto di volo sicuro era un’esperienza molto violenta che poteva anche ferire il pilota che poteva sbattere le tibie contro i bordi inferiori del cruscotto o la testa contro l’angusto tettuccio. I piloti di F117 la dovevano provare una volta all’anno.
Lo F117 era subsonico.





Per quanto riguarda la manutenzione a terra il problema più grande era rappresentato dallo strato di pannelli di RAM con cui era ricoperto l’aereo (che di fatto era quasi tutto costruito in alluminio). Dicevano che fosse una materiale cancerogeno, quindi gli specialisti che dovevano farci manutenzione utilizzavano maschere e guanti per effettuare “rattoppi” all’aereo. Inoltre il materiale era intollerante a certe temperature, quindi gli F117 dovevano essere ispezionati dopo ogni volo minuziosamente, e dovevano restare dentro ad hangar climatizzati. Il gelo era abbastanza deleterio per quel tipo di RAM. Questa problematica della manutenzione dello strato di RAM fu uno dei motivi principali del pensionamento dello F117. Quando vennero ritirati dal servizio attivo sembra che un problema che l’USAF dovette affrontare fu l’operazione di “raschiare via” lo strato di RAM e di smaltirlo in maniera “sicura”.
Una cosa forse non troppo conosciuta: i controlli visivi pre-volo esterni (il “walk-around”) erano sempre effettuati prima di una missione dentro l’hangar, con un’illuminazione non ottimale. E passeggiare sotto la pancia di un aereo color nero opaco, con sportelli aperti che presentavano bordi acuti e taglienti, procurò più di una missione abortita a causa del ferimento del pilota durante l’ispezione.


Complimenti per essere arrivati in fondo a questo post senza essere svenuti dal sonno. :-D

Per maggiori informazioni consultate il magnifico sito http://www.f117reunion.org/f117_history.htm


Ovviamente nel mio nuovo romanzo non parlerò dello F117, che è una tecnologia morta e sepolta, ma ho dovuto recuperare nella memoria tutti gli eventi precedenti per poter descrivere le nuove tecnologie anti-radar che si stanno affacciando nel moderno campo di battaglia (poche, a dir il vero).


8.8.12

Lettera di istruzioni per una moglie che attende il marito in rientro dall'Afghanistan

Il seguente post lo ha scritto un militare italiano, appartenente ad un Reparto Speciale, che rientrerà entro poche ore dall'Afghanistan dopo un turno di svariati mesi.
Per chi leggerà le seguenti righe: si cerchi di andare oltre il "sarcasmo". Trovo che sia una lettera, a modo suo, molto toccante. E una bella cronaca della "vita quotidiana" nelle nostre basi.


Gentilissima Signora,
 Suo marito rientra a casa dopo un periodo intenso trascorso tra noi militari in Afghanistan.
Mi permetta quindi di darle alcuni consigli che l’aiuteranno a mettere a proprio agio il suo sposo, così che si possa ben ri-ambientare al nuovo ritmo di casa.

 Prima di tutto l’accolga, spargendo davanti a casa fango e pietre, con qualche sacchetto riempito di sabbia e del reticolato (se fosse possibile anche una robusta sbarra all’ingresso).
 Quando fa le pulizie di casa, la prego di verificare che l’acqua del secchio sia nera; passi il mocio, accertandosi che lasci delle strisciate ben visibili sul pavimento.
 Per carità, non le venga in mente di spolverare, ma lasci polvere, solo polvere, dappertutto.
Per pranzo e cena chiami il vicinato per fare la fila, se poi trova degli albanesi o qualche americano, ancora meglio.
 Gli dia soltanto posate di plastica e apparecchi senza tovaglia, senza olio in tavola, né vino (solo un bric di bianco per cena).
 Due volte al mese gli confezioni una bella razione “K”, con scatolette a sua scelta.

 Di notte, mi permetta di raccomandarle di non accendere nessuna luce, magari sabotando anche quelle del circondario; chiuda bene le persiane, rimanendo completamente al buio; gli conceda al massimo qualche piccola lampadina per non fargli perdere l’orientamento.
 La prima settimana lo faccia dormire in tenda o nel corridoio in mezzo a scatoloni e borse.
Aggiunga uno o due letti e chieda al maresciallo della stazione o un altro militare a caso di stare là a russare forte.
 Nel mezzo della notte, almeno una volta, gridi “Fruu, fruu, fruu” e registri il messaggio: “The base is under attack, the base is under attack”, mettendogli vicino al letto l’elmetto e il giubbotto antiproiettile: saprà lui cosa fare… sicuramente cercherà un bunker! Ma lei non si preoccupi e tenga la calma.
 Ogni tanto prenda un megafono e, con voce metallica, dica: “TRA CINQUE MINUTI CI SARA’ UN’ESPLOSIONE CONTROLLATA”, ripetendolo per due volte ad intervalli di 5 minuti, (lo traduca quindi anche in spagnolo ed in inglese) e poi faccia scoppiare la bombola della cucina.

Per cortesia impari questa frase a memoria: “Shuma as peshkash credit rayagan Rosian, bary daryaft tamashai… Tashakur!” e telefonandogli la ripeta dolcemente. Se invece vuole telefonare lui, parli con la Telecom o con Vodafone per non fargli prendere mai la linea.
Ogni tanto gli ripeta: “Ti vogliono al PIO… hanno chiamato dal GSA… vado al Camp Site… c’è la JATF… arrivano quelli della Tarsk Force North/Center/South/South West a cena… ho visto il J1 o J2 o J9…”, E se lo vuole proprio far schiodare dalla poltrona gli dica: “Ti ha chiamato a rapporto il Generale di RC-WEST”.
Nel primo vostro fine settimana gli prometta una bella vacanza, salvo poi fargli sapere che hanno spiantato i voli o che non siete stati inseriti nella lista.

Mi raccomando Signora, quando fa il bucato. Non stiri niente, per carità. Il lavaggio dev’essere ben “stracciato”. Metta tutto in un sacchetto e senza nessun tipo di profumo, lasci le calze sparse, le magliette spiegazzate e, solo la mimetica decentemente ordinata e confezionata su un appendiabito.

 Se andate insieme a fare la spesa, faccia la gentilezza di sedersi dietro, dopo aver vestito un burka. Non vada in un Centro Commerciale, ma si informi di qualche mercatino all’aperto (va bene anche dai cinesi); possibilmente di domenica.
Se nota qualche persona che vi guarda con sospetto, dica subito a suo marito che si potrebbe trattare di un INSURGENT…
Se poi lei si deve recare da sola per qualche commissione, tranquillizzi suo marito dicendogli che anche lei ha sostenuto brillantemente il corso di IED.

 Gentilissima Signora, scherzosamente le ho voluto dire che il rientro da una missione è sempre un po’ destabilizzante. Se trova suo marito un po’ stressato, abbia pazienza e lo riempia di affetto e d’amore.
 So benissimo che anche lei ha fatto la sua missione, sopportando il disagio della distanza e, pur nella preoccupazione, ha saputo sostenere la famiglia. Per questo, tenga sempre presente che, la medaglia che è stata consegnata a suo marito, è tutta per Lei.

 Ringraziamo insieme il Buon Dio che vi fa ancora riabbracciare felici e gli chiediamo di continuare a benedire la vostra cara famiglia.

7.8.12

Zero Dark Thirty - Trailer 2012




Ecco il trailer sul primo film dedicato all'operazione Neptune Spear. Qualche libro è già uscito sul soggetto (piuttosto deludenti e scarni, a  dir il vero), forse qualche altro film verrà preparato su questa azione dei Navy SEALs.
Il film è realizzato da Kathryn Bigelow, la miglior regista di film di guerra degli ultimi anni. Con The Hurt Locker ha dimostrato di essere molto più sensibile, attenta ai dettagli tecnici ed efficace nella "comunicazione cinematografica d'azione tattica" di tutti i suoi colleghi maschi.

The Hurt Locker è un film con una trama non propriamente complessa  e sappiamo tutti che quella camionata di Oscar che ha preso, è stato solo per una "virtuale" gara con l'insipido Avatar del suo ex-marito James Cameron. The Hurt Locker è però uno dei film di guerra moderna con la maggior cura assoluta nelle tattiche e nei dettagli tecnici. Alcune sequenze possono essere veramente apprezzate solo da artificieri di professione. Nel film c'è solo una scena ridicola dove un proiettile da 12,7mm ha una balistica terminale da 7,62mm. Ma parte questa sequenza The Hurt Locker è un film sostanzialmente davvero ben realizzato.

Dopo questa doverosa introduzione parliamo di questo trailer.
Mai giudicare un film dal trailer. Ma vediamo di capire qualche dettaglio.
Innanzitutto si notano alcuni dettagli, che il trailer "nasconde e non nasconde". Sembra che nel film ci si arrischi a voler mostrare una ricostruzione del "Ghost Hawk", ovvero la versione "stealth" dell'UH60. L'elicottero, che fino all'operazione del maggio 2011, era segreto militare, è stato confermato come "operativo" dopo che i pakistani trovarono il relitto di "uno strano elicottero" nel compound dove Bin Laden è stato giustiziato (si: giustiziato. Non pensate che siano andati là per catturarlo davvero...). Tutta la vicenda e una buona ricostruzione visiva speculativa è presente sull'eccellente Blog di David Cenciotti http://theaviationist.com/category/stealth-black-hawk/ 
Inoltre nel film c'è qualche fotogramma che mostra quelli che sembrano i nuovi visori notturni "4-eyed" per un maggior campo visivo, tra le varie altre migliorie che hanno. Maggiori informazioni su questi visori notturni qui: http://defense-update.com/products/q/quadeye.htm

Nel linguaggio visivo del trailer si nota subito il montaggio ed i titoli ricalcati sul videogioco "Modern Warfare Black Ops" dove i titoli sono passati con un tratto di pennarello nero, come si pensa che vengano censurati i documenti sensibili cartacei.
Inoltre suggerisce che il film è stato realizzato in numerose location nel mondo. La storia dovrebbe ruotare attorno agli analisti ed agli operatori sul campo che hanno ricostruito i mille dettagli che hanno portato all'individuazione del nascondiglio di Bin Laden nella città Pakistana.

Ripeto: giudicare il film, a sei mesi dall'uscita, solo per il primo teaser trailer non ha senso. Però si può giudicare la Bigelow per i suoi lavori precedenti e sul fatto che, notoriamente, questa regista ha più contatti con le Forze Armate USA più di qualsiasi altro regista americano.
La Bigelow è brava, è cruda nei dettagli e sa raccontare in immagini un'azione dinamica.
Non sto nemmeno a fare il paragone con il ridicolo "Act of Valor". Siamo su due piani diversi di sforzo produttivo, sceneggiatura e qualità artistica.
Se la Bigelow non si perderà troppo sui dettagli da "Black Op" sugli eventi che hanno portato all'uccisione di Bin Laden, potenzialmente può essere un buon film.
Ma una cosa mi sbilancio a  dirla: sarà sicuramente un film che dipingerà la missione Neptune Spear in maniera molto più gloriosa, ben realizzata ed onorevole, di quanto non sia avvenuto nella realtà. Perché l'operazione del Maggio 2011 fu un mezzo disastro da molti punti di vista.
Aspettiamo il film, e appena mi sarà possibile, ne farò un'analisi completa.
Solo una cosa: produrre un film del genere non è uno scherzo. Quindi se l'uscita è prevista a dicembre 2012, significa che le riprese sono terminate più o meno a giugno 2012. Quindi, il film è stato concepito e messo in produzione almeno un annetto prima, quindi appena dopo la vera operazione Neptune Spear del 2 Maggio 2011. Complimenti per la "prontezza". O "l'opportunismo". Dipende dai punti di vista. ;-)

PS Grazie a Giuliano Ranieri per la precisione con cui segnala informazioni. ;-)





Foto del presunto Mock-Up dello UH60 Ghost Hawk usato nel film. Se troverò altre foto
da altre prospettive, potrei anche spendermi in qualche analisi. Da questa foto si notano soluzioni però
vecchie di quasi quarant'anni.

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Italia 2014. Sono trascorsi due anni dagli eventi de "La giusta decisione". Saverio Mora, l'analista dei Servizi Segreti italiani, e Matteo Giuliani, ex ufficiale del Col Moschin, oggi vivono le loro vite a centinaia di chilometri uno dall'altro, ignari delle circostanze che li stanno per travolgere.
Due storie parallele che condurranno il lettore nell'Iraq devastato dal ritiro delle truppe occidentali, in balia di Contractor corrotti coinvolti in traffici illeciti, e in una Italia dove i Servizi Segreti e i GIS dei Carabinieri tentano di sventare la devastante quanto concreta minaccia di un attentato terroristico. Xenofobia, voto agli immigrati e la dettagliata quotidianità dei Contractor in Iraq sono solo alcuni dei temi scottanti in cui il lettore si troverà catapultato, attraverso una trama ricca di azione e realismo tecnico fino al culmine di un finale emozionante e imprevedibile. Per maggiori informazioni su www.francescocotti.it

1.8.12

Visita al Reparto Sperimentale Volo dell'AMI



Il Typhoon in rullaggio dopo la missione addestrativa
Il 24 Maggio scorso sono stato in visita presso il Reparto Sperimentale Volo dell’Aeronautica Militare, sempre all’interno del mio programma di documentazione e raccolta materiale per il terzo romanzo.
Per chi non lo sapesse esiste nella nostra Aeronautica un Reparto, nato nel 1949, che raccoglie i migliori piloti per poter collaudare, sperimentare e migliorare tutti gli aeromobili, e relativi nuovi equipaggiamenti/sensori/armamenti di tipo aeronautico che sono a disposizione dell’Italia. Per avere una breve nota storica ufficiale sul Reparto rimando a questo link: http://www.aeronautica.difesa.it/News/Pagine/Il_Reparto_Sperimentale_Volo_compie_60_anni_201009.aspx
Uno dei T346 del Reparto Sperimentale Volo

I piloti del 311° Gruppo Volo sono una formidabile unione tra la capacità analitica di un ingegnere e l’abilità di manovrare il velivolo come i migliori piloti acrobatici al mondo. Nonostante gli aerei che portano in volo siano pieni di sensori che registrano/trasmettono in tempo reale dati durante i test, la “sensazione” ed il giudizio personale del pilota è sempre fondamentale per giudicare un nuovo velivolo o una nuova configurazione di volo.
Il pilota dello RSV deve essere in grado di portare l’aereo al limite del suo inviluppo di volo, testarne le reazioni al limite delle prestazioni, e poi coi dati ottenuti da queste prove, generare un complesso output di dati che poi saranno vitali per i Reparti operativi di combattimento per sviluppare le tattiche. Semplificando un po’ il discorso, si può riassumere il compito del Reparto in questi termini: viene acquisito un nuovo aereo e bisogna capire come lo si può personalizzare per le esigenze operative nazionali. I piloti dello RSV testano il velivolo con tutte le configurazioni di volo (con carico bellico simulato, serbatoi esterni o configurazione pulita) e spingono le manovre al limite della macchina. Certe manovre sono ovviamente prima studiate in laboratorio con i simulatori di volo, che nel recente sistema Typhoon (ancora chiamato “ostinatamente” EFA dai piloti dello RSV), si raggiunge il massimo della precisione nella pianificazione di una missione di collaudo. Però in volo, per comprendere il comportamento del velivolo, esasperano le manovre. Una volta ottenuti i dati lo RSV redirige un protocollo tecnico da consegnare ai Reparti che utilizzeranno il velivolo in condizioni operative reali dicendo: "voi potete fare così, così e così. Sconsigliamo di fare questo, questo e questo, in questa configurazione. E' proibito fare questo e quest'altro..."
Con questi input reali e ponderati e certificati, i piloti dei Reparti operativi hanno un range di dati in cui studiare le tattiche di utilizzo dei velivoli.
E’ da notare che il pilota collaudatore militare è uno dei mestieri più pericolosi in tempo di pace. Nonostante questo il rateo di incidenti gravi dello RSV è quasi assente. Mentre piccoli e medi “malfunzionamenti” in volo sperimentale avvengono, e sono gestiti in tempo reale con grande perizia dai piloti: è il loro mestiere.

Il T346 è un addestratore avanzato che prepara i piloti
al volo ad alte prestazioni, prima di specializzarsi sul Typhoon
Il cockpit del T346 è sostanzialmente identico a quello del Typhoon

Fatta questa doverosa introduzione torniamo alla visita del Reparto che ha la sua base a Pratica di Mare, vicino a Pomezia in provincia di Roma. Si tratta di un’installazione enorme, dispersa su una notevole superficie, in cui hanno anche sede altri Reparti di volo, anche della Guardia di Finanza e dei Carabinieri. La sensazione nell’entrare nella base, e di raggiungere la linea di volo (obbligatoriamente in auto, dato le distanze da coprire) è quella di trovarsi in qualche base dispersa chissà dove, dato il clima caldissimo e la tipica macchia mediterranea bassa del luogo. Come ho detto ci sono andato a fine Maggio, ma ho rimediato un’eritema solare da metà Luglio :-D (normale, quando si passa buona parte della giornata all’aperto a naso per aria a vedere aerei in volo...)

La giornata è perfetta nel senso che coincide con le prove del Reparto per lo Air Show di Latina che si sarebbe tenuto il successivo 3 Giugno. Questa manifestazione, all’ultimo momento, è stata pesantemente “castrata” per motivi di “bilancio”. In realtà per adeguarsi in modo molto goffo, alle proteste del “Popolo del web” verso la celebrazione del 2 Giugno et similia.

Istruzioni dettagliate per far saltare il tettuccio
esplosivo. Potrebbe essere utile saperlo
nel caso incappaste in un Typhoon ;-)
Mi si permetta di aprire una piccola parentesi sull’argomento.
Risparmiare sulle spese statali è sicuramente una cosa saggia da fare, con urgenza. Ma poche settimane prima di una manifestazione militare, ormai riproposta da anni, che si accusa essere uno scialacquo di soldi pubblici che potrebbero essere riutilizzati per “ospedali, asili etc...etc...” sono richieste parzialmente senza senso e senza coerenza. Sono solo prese di posizione di certe entità per avere un minimo di Potere mediatico, transitorio e senza alcuna strategia di proseguire coerentemente nel futuro con certe “proteste”. Chi fa questa demagogia allo stato puro dimostra di non capire di come tecnicamente sono stanziati i fondi per certe attività e di come sono gestiti. Solo un esempio per tutti: lo Air Show di Ostia è stato decurtato e vari velivoli non hanno fatto la loro esibizione. Ok, risparmiato del carburante. Ma protestare anche per le prove? Si spreca più carburante nelle prove che nella manifestazione vera e propria. Ma questo dettaglio non lo ha sollevato nessuno, dimostrando una miopia tecnica e politica enorme, quindi, inefficacia della protesta. I fondi per certe cose sono decisi e stanziati mesi prima, e i soldi a livello Statale si muovono su canali indipendenti. Non è che esiste un “calderone” dove la Sanità attinge, la Difesa attinge... etc...etc... Tecnicamente, con mesi, e in certi casi anni, di anticipo, sono decisi dei “calderoni” indipendenti tra loro per le varie strutture Statali e lì ci si deve muovere. I soldi stanziati per una struttura X non possono essere dirottati all’ultimo per la struttura Y. Se non attraverso delle pesantissime e lentissime azioni burocratiche, che in certi casi richiedono anche un Decreto apposito. Forse questa rigidità contabile è alla base dei mali della nostra Nazione, ma questo è un altro discorso. Le proteste, per essere efficaci, devono essere un minimo più articolate sul piano tecnico. Che poi il Governo, che ha mille cose vergognose da farsi perdonare, “ceda” ridimensionando all’ultimo momento le manifestazioni delle Forze Armate... qui cadiamo al solito in quello che distingue gli italiani da un popolo serio. E’ come aver comprato e pagato un’auto di lusso (di nascosto dai vicini di casa), e poi tenerla in garage per paura di far vedere che si è troppo ricchi ed attirarsi delle critiche. Ma intanto i soldi sono già andati e non sono più recuperabili e l’auto non la usiamo, e non possiamo nemmeno rivenderla. Chiusa parentesi.


Durante la mattinata ho assistito alle prove del Tornado, dell’AMX e dello MB339. Il Typhoon invece era decollato con due “chase plane” rappresentati dal modernissimo addestratore avanzato T346 (recentemente acquistato da Israele). Un altro dei compiti dello RSV è quello di portare nel mondo, alle varie fiere ed esibizioni mondiali, i nostri prodotti aeronautici italiani, per venderli. Un compito impegnativo, gravoso e fondamentale per far firmare dei contratti di vendita e smuovere del PIL. Loro devono esibire al meglio il velivolo in volo, per impressionare il potenziale cliente (eh si, funziona così. Più i contratti sono “grossi”, e più le regole che stanno alla loro base sono semplici...), e i commerciali devono far firmare il contratto nel più breve tempo possibile, finchè il cliente ha ancora in testa il “display” in volo dei nostri aerei. Poi intervengono altri fattori (più o meno chiari...) decisionali, ma sostanzialmente funziona così.

Una macchina relativamente grossa ed impressionante come il bombardiere tattico Tornado è stato oggetto di un flight display impressionante. L’aereo era in configurazione pulita, e non l’ho mai visto, nemmeno negli innumerevoli video disponibili su questo aereo, “tirare” certe figure acrobatiche. Sto parlando davvero di un’esibizione notevolissima, e bene o male so cosa può fare e cosa può fare in volo una macchina di questa categoria. Ma questo display mi ha fatto capire quanto la perizia tecnica può by-passare i limiti dei controlli di volo di un velivolo progettato per volare linearmente, a bassissima quota, e basta. Anche in questo caso il pilota ha dimostrato “quanto basso” può volare il Tornado. Emozione unica vedersi sfrecciare sulla verticale questo aereo a poche decine di metri d’altezza. Si, avevo tappi alle orecchie... ;-)
Poi c’è stata l’esibizione del 339, il velivolo usato dalla nostra Pattuglia Acrobatica Nazionale, le “Frecce Tricolori”. Qui il pilota collaudatore, ha “strapazzato” il 339 con ripetute figure e manovre prese anche dal repertorio del Solista delle Frecce. Sempre emozionante la figura della “scampanata”, dove l’aereo, dopo una ripida arrampicata, inanella una serie di tonneaux (avvitamenti sull’asse longitudinale) sempre più lenti e calibrati, mentre rallenta la velocità. Il tutto col muso sempre verticale. Ad un certo punto l’aereo sembra fermarsi, sospeso, per un’eterno attimo, e poi affonda sulla coda per qualche decina di metri per rovesciarsi pigramente sul dorso e puntare il terreno per riprendere velocità. Non oso pensare alle sollecitazioni a cui è sottoposto il pilota durante tutta la manovra.
Particolare forse poco noto, i piloti dello RSV, dato che sono spesso sottoposti a manovre ad alto numero di G, dopo ogni sessione di volo devono subito finire sotto le mani di un fisioterapista per rimettere a posto le vertebre di tutta la schiena, la porzione anatomica che più soffre di un pilota. Se i piloti non si sottopongono a questo trattamento l’affaticamento delle vertebre è tale per cui la loro carriera operativa si accorcia notevolmente.

La sequenza di volo è proseguita con un collaudatore che ha “spremuto” al massimo un AMX, aereo che non brilla certo per prestazioni esuberanti. Nonostante questo il display in volo di questo piccolo aereo da appoggio tattico, che sta conoscendo in questi mesi una vera vocazione di Close Air Support e bombardamento di precisione in Afghanistan (non ne parlano molto i media), è stato veramente emozionante.

Verso la fine della mattinata il Typhoon e i due T346 rientrano dalla missione, ma a parte due passaggi lenti in formazione a triangolo, non concedono nessuna manovra particolare. Atterranno e finalmente ho l’occasione di vedere da vicino sulla linea di volo il Typhoon, il velivolo che sarà più che un “protagonista” nel mio prossimo romanzo.

Il Typhoon è un po’ l’emblema della moderna industria dell’aeronautica militare. Nato come progetto di massima nei primi anni ‘80 (si, 30 e passa anni fa) come requisito di un caccia da superiorità aerea tutto Europeo, dopo il successo del consorzio Panavia con il Tornado, nel giro di qualche anno si materializza il primo prototipo in terra inglese, che visivamente non era molto diverso dall’attuale Typhoon. Da allora ci sono stati letteralmente decenni di contrattempi tecnici, politci, economici. La Francia abbandonò quasi subito il progetto, per dedicarsi al Rafale, che riuscì a mettere in linea operativa ben prima del Typhoon (chi fa da sè...). La Germania in 30 anni è uscita ed è rientrata nel progetto per due volte, di fatto quasi segnando il destino del progetto in più occasioni. In tutti questi anni, fatti di litigi e governi europei di vari “colori” che si succedevano, ognuno a favore, e poi contro, il progetto Eurofighter (il nome originale del Typhoon) è maturato scoprendo che... non aveva più un nemico e una missione! L’Eurofighter era nato per contrastare le nuove minacce sovietiche rappresentate dagli allora “segreti” MIG29 e SU27. Lo sviluppo del Typhoon è stato così lungo che l’URSS si è disciolta da sola (o quasi...). Esattamente come gli USA con lo F22 Raptor, l’Europa si è ritrovata dopo 30 anni di sviluppo del progetto, con un poderoso aereo, non ancora del tutto “maturo”, che era stato progettato per ingaggiare a lunga distanza squadroni di caccia sovietici sui cieli Europei. Ma il mondo nel mentre si era trasformato in un tormentato posto dove le guerre sono combattute economicamente e si “esporta la pace” verso nazioni che il cui sistema d’arma più sofisticato che c’è è l’AK47.
In “fretta e furia” (circa otto anni) si decide che il Typhoon debba avere un ruolo anche “aria superficie”, il che comporta una totale riprogrammazione del software di volo e dei sistemi, modifica del radar (che a tutt’oggi non è ancora definitivo) e qualche modifica sulla cellula del velivolo. Nel 2011 il Typhoon ha il primo “battesimo del fuoco” sganciando bombe “intelligenti” (con varie tecnologie di guida) di vario tipo sulla Libia.
Oggi il Typhoon è una piattaforma di volo molto sofisticata, che deve ancora raggiungere la totale maturità operativa. Come già detto manca ancora un radar di tipo full- AESA (un po’ complicato da riassumere, ma trattasi di un radar totalmente digitale e dotato di prestazioni elevate in capacità di discriminazione dei bersagli, rispetto ai radar di generazioni precedenti con antenna tradizionale), la tipologia di missili aria-aria a breve e lungo raggio specificatamente sviluppati per il Typhoon non sono ancora pronti, e tante cose da fare dal punto di vista software. Però già da qualche tempo il Typhoon è responsabile della difesa aerea dell’Italia, della Gran Bretagna, della Germania e, parzialmente, della Spagna. Inoltre il Typhoon è, esattamente come fu il Tornado negli anni ‘80, un prodotto paragonabile, e per certi versi superiore, ad un equivalente velivolo americano.


Il Typhoon vanta una cellula aerodinamica molto agile con configurazione “canard”, il che aumenta un po’ la sua segnatura radar (il Typhoon non è “stealth”), ma ne aumenta di molto la manovrabilità. Ha una dotazione elettronica di bordo più avanzata per certe cose del Raptor americano (sistemi di acquisizione bersagli multipli, gestione del casco con visiera “guarda&spara” -solo per gli inglesi al momento-, visore passivo IR / Termico ad altissimo guadagno, solo per citare dove il Typhoon è superiore). E’ un aereo che è studiato per essere “razionale” nella sua gestione e manutenzione (siamo pur sempre Europei, senza soldi da buttare...). Alla fine abbiamo ottenuto questo superbo aereo multiruolo, che però ha più il sapore di “stimolatore economico dell’Eurozona che fu”, piuttosto che di macchina da guerra.
Dalle foto che pubblico (non sono un professionista della fotografia) si possono ammirare le linee della forma che, a mio avviso, sono magnifiche.

Una volta atterrato il Typhoon è stato messo nel suo hangar, dove ho potuto toccarlo con mano e ho potuto fotografarlo nei dettagli più curiosi (adoro i dettagli!). E’ un gran bell’aereo, aldilà del fatto che politicamente nessuno ha mai capito cosa farsene, se non cercare di venderlo senza successo (al momento) a paesi emergenti o alleati mediorientali...

Al termine del display di volo ho partecipato ad un pranzo “alla griglia” offerto dal Reparto e da un’emozionante testimonianza di stima ed affetto da parte di un club di “spotters” che di fatto sono ormai di casa nella base. Mi sto riferendo al club “Amici del Reparto Sperimentale Volo”, i cosiddetti ARSV. Potete trovare la loro pagina Fecebook ed il loro sito facilmente in Internet su questi link https://sites.google.com/site/aereiedintorni/home/quelli-dell-a-r-s-v e http://arsv.altervista.org/
Innanzitutto ringrazio loro, che gentilmente mi hanno accompagnato ed introdotto alla base e al “Clan” dello RSV. Si tratta di un eterogeneo gruppo di appassionati di aeronautica militare, e quasi tutti fotografi semiprofessionisti, che sono una via di mezzo tra un fanclub e dei tifosi Supporter del Reparto. Gente che passa le sue ferie a fotografare aerei militari nei vari AirShow nel mondo, oppure che aspetta per interminabili minuti, sotto il sole cocente di un piazzale asfaltato, il momento giusto per scattare la foto “perfetta” al velivolo che sta preparandosi a rullare.
Se ci si parla con questi “spotter” si viene travolti dal loro entusiasmo e da una competenza tecnica in materia aeronatuica enorme, mista ad un senso di meraviglia fanciullesco. E’ ancora impressa nella mia memoria il dialogo pieno di energia, in milanese stretto, tra due ARSV che rivivono la descrizione di un “Cobra di Pugachev” eseguito da un SU27 in chissà quale Airshow estero...

La giornata è proseguita con una visita al Reparto Sviluppo Software. Interessantissimi luoghi dove vengono sviluppati i software di controllo dell’avionica (meglio: sviluppano “personalizzazioni”) dell’AMX, Tornado, e Typhoon. Per AMX, la cuia vionica è quasi assente, l’attrezzatura di sviluppo software si può riassumere su un paio di tavoli di lavoro. Per il Tornado, che a tutt’oggi è oggetto di aggiornamenti software per l’interfacciamento con nuovi equipaggiamenti, si tratta di un paio di “serveroni” Silicon Graphics e svariati client XP con sopra dei compilatori ADA. Per il Typhoon un intero capannone industriale strepiano di computer e cavi e simulatori di volo full-size. Di questa sezione della base parlerò approfonditamente nel romanzo, perchè ne vale la pena.

Inoltre durante questa visita ho avuto l’occasione di conoscere di persona la giornalista inviata di guerra Chiara Giannini, una stella nascente del giornalismo italiano e ormai “veterana” del teatro Afghano. Potete leggere i suoi pezzi su Libero, Oggi e sulla Webzine http://www.cybernaua.it/
Tenetela d’occhio, perché ha sempre cose interessanti da dire nei suoi articoli, e non è il tipo che si esprime in modo “tiepido”. Nel mio caso specifico, dovendo sviluppare un nuovo personaggio basato proprio su una giornalista inviata di guerra, l’averla conosciuta mi darà la possibilità di creare un personaggio estremamente basato sulla realtà dell’ambiente.