25.3.08

Pasqua e Pasquetta...


Approfittando di questi giorni di "ferie", mi sono dedicato alle attività che più mi danno soddisfazione.

Una è sicuramente l'escursionismo.

Avendo a disposizione, a meno di un'ora d'auto, l'Appennino Tosco-Emiliano, ho la possibilità di ritrovarmi abbastanza isolato dal mondo.

Faccio escursioni in questa zona da almeno diciasette anni, ed è molto rassicurante vedere luoghi che non cambiano nei decenni.

Le città, giustamente, cambiano abbastanza in quasi vent'anni.

Gli Appennini, no. O almeno, sono cambiamenti che l'occhio umano difficilmente percepisce.

Tranne quando sono dei disastri, quasi tutti ricondicibili all'attività umana, ovvio.
E qualche esempio lo si può trovare (purtoppo) anche in queste montagne.

Come si può vedere dalla foto mi sono ritrovato in una bella tempestina di neve, a -4° sulla riva di un lago ghiacciato.
Ho lasciato casa, in pianura, che era a 17° soleggiati.
Che bello.
Freddo, silenzio, solo il rumore del vento. Se ci si muove, con il giusto abbigliamento tecnico (ok, il berretto non era adatto... lo so..), non va neanche male.

Per chi ama stare all'aperto, sto per scrivere delle ovvietà, che vengono spesso mal interpretate da chi non è avvezzo a certe cose.
Stare da soli serve. Ma non ha senso farlo dentro una stanza. Stare da soli non significa farlo per "staccare la spina", ma per stimolare il cervello in modo diverso.
Se si è da soli a conteplare un lago ghiacciato, con la neve soffiata dal vento, non si ha l'elettroencefalogramma piatto, anzi... il cervello è in super attitivtà per analizzare, comprendere e registrare questi input sensoriali. Teso al massimo in questo compito.
Se ci fosse di fianco a noi, durante questi momenti, qualcuno che blaterasse qualche banalità, il nostro cervello verrebbe distratto.
La natura si contempla in silenzio. Quello che ci è dato di capire della natura è solo attraverso gli stimoli dei nostri sensi. E anche in queste attività, il cervello va educato a farlo.
A mio modo di vedere non si scala una montagna, per avere un ricordo dell'evento.
La si scala per godere di quell'attimo di quando si giunge alla cima.
Si assapora il momento.
E poi lo si "getta via".
Se un'alpinista fosse un collezionista di ricordi e basta, scalerebbe solo una volta la stessa montagna.
Invece la sfida, la motivazione, è nel rivivere un'emozione diversa dalle stesse esperienze impegnative.

Nessun commento: